Gender equality, ecco come opera Winning Women Institute

Gambardella: «Impegno e convinzione per raggiungere i risultati»

Enrico Gambardella

È dal 2017 che Winning Women Institute lavora per certificare le aziende sul fronte della parità di genere utilizzando la metodologia del “Dinamic model gender rating”. Enrico Gambardella – già presidente e fondatore dell’Istituto, da settembre direttore dello stesso – traccia la fotografia del presente guardando alle prospettive per il futuro.

L’Italia è posizionata verso il fondo della classifica europea per uguaglianza di genere e posizioni di leadership ricoperte da donne: come si può cambiare cultura? 

«Anche se si stanno vedendo dei piccoli passi avanti per quanto riguarda la gender equality nel mondo del lavoro, c’è ancora moltissimo da fare: secondo i dati del rapporto annuale “Women in Business” di Ria Grant Thornton, le donne che assumono posizioni manageriali sono il 32 per cento, l’1 per cento in più rispetto al 2021, mentre le donne CEO salgono da una percentuale di 18 a 20 per cento, ma l’Italia rimane 63esima su 146 paesi, passando dalla posizione 114 alla 110. L’obiettivo di Winning Women Institute è accompagnare le aziende verso un cambiamento culturale che deve partire proprio dalla consapevolezza dei gap da colmare e del cambiamento necessario per portare avanti azioni concrete. Per noi il cambiamento culturale va portato avanti ma anche misurato. Ecco perché abbiamo trovato nel processo di certificazione delle Pari opportunità uno strumento di analisi e di misura validissimo per le aziende di ogni settore e/o grandezza. Dal 2017 siamo stati i primi in Italia a proporre una certificazione sulla parità di genere nel mondo del lavoro e abbiamo contribuito alla creazione della Pdr 125:2022 sulla certificazione nazionale. La certificazione sulle pari opportunità crea grandi vantaggi sia dal punto di vista etico che reputazionale, ma anche dal punto di vista di employer branding. Oggi poi sono previsti anche sgravi fiscali e contributi alle aziende che si certificano».

Su quali leve agisce il modello proposto dal WWI?

«Anzitutto sicuramente sulla leva della consapevolezza, che porta all’analisi degli eventuali gap da colmare in fatto di uguaglianza di genere nel mondo del lavoro. Le aziende che dimostrano attenzione riguardo alla parità di genere sono sempre di più. Inoltre quelle che decidono di fare il percorso di certificazione proposto da Winning Women Institute hanno il grande valore aggiunto di poter avere da parte della nostra società un chiaro assessment su come l’azienda si posiziona rispetto alla certificazione e un chiaro ‘action plan’ sulle azioni di miglioramento. Il percorso proposto da Winning Women Institute è complesso e rigoroso e viene messo punto con l’innovativa metodologia “Dynamic Model Gender Rating” ideata dal nostro comitato scientifico. Proponendo il nostro lavoro alle aziende condividiamo un modello che si basa sull’analisi di su un set di Key performance indicator (KPI) finalizzati ad esaminare punti di forza e aree di miglioramento dell’organizzazione aziendale in termini di pari opportunità. A essere indagate sono quattro aree: l’opportunità di crescita in azienda per le donne, l’equità remunerativa, le politiche per la gestione della gender diversity e inclusion, la tutela della genitorialità. La prima fase del percorso di certificazione si svolge attraverso un assessment durante il quale si analizza l’andamento dell’azienda verso i KPI stabiliti. Al termine di questa fase si verifica se l’azienda può già procedere alla certificazione o se deve prima mettere in atto misure migliorative. A sua disposizione avrà pertanto un report con indicazioni precise sul proprio posizionamento rispetto alle quattro aree di indagine. Ultimo step, prima della certificazione, è la revisione e validazione della veridicità dei numeri, delle policy e dei processi presi in esame attraverso l’analisi di RIA Grant Thornton (società di revisione incaricata da Winning Women Institute). Il supporto consulenziale del team WWW continua anche nella fase di comunicazione interna ed esterna dell’azienda certificata».

Quanto servono quelle che per alcuni sono intese come forzature del linguaggio a suscitare un cambiamento culturale? Ovvero, quanto c’è di politically correct e quanto di sostanza negli sforzi che le aziende fanno per puntare alla gender equality e alla certificazione?

«L’interesse delle aziende riguardo al tema della parità di genere, come le anticipavo, è sempre più diffuso. In molti casi lo sforzo fatto è finalizzato a migliorare l’ambiente di lavoro, a inserire un maggior numero di donne, anche in posizioni manageriali, e a portare avanti azioni che migliorino la conciliazione di lavoro e famiglia. In generale le aziende tendono nei loro piani di sviluppo ad aumentare la flessibilità e a raggiungere risultati sia dal punto di vista della parità di genere sia da quello dell’azzeramento del pay gap. In alcuni casi ci accorgiamo che c’è ancora un’ampia distanza tra intenzioni e azioni concrete, ed è per questo che abbiamo studiato un processo di certificazione, il cui risultato si raggiunge solo con impegno e convinzione. Dal nostro osservatorio, oggi solo due, al massimo tre aziende su dieci sono da subito in grado di raggiungere la certificazione. Per le altre occorre un piano di miglioramento che Winning Women Institute aiuta a preparare. Le aziende che hanno ottenuto attualmente la certificazione sono più di trenta, ma molte altre hanno cominciato il percorso e alcune lo stanno concludendo. Chi decide di mettersi in gioco è spinto da un reale interesse nel raggiungimento dell’obiettivo e non da motivazioni o questioni di forma».

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