Il futuro del lavoro: crescita, stipendio e carriera nell’analisi di Ipsos
L’indagine Ipsos “Il futuro del lavoro: viaggio attraverso la percezione del lavoro nell’Italia di oggi”, è stata presentata a Roma dal presidente Nando Pagnoncelli, in occasione della seconda edizione del Festival del Lavoro Sostenibile, promosso da HR Link e Digital Horizon, con il patrocinio di AIDP
Le aziende trovano difficoltà a reperire lavoratori soprattutto per tre motivi principali: retribuzioni inadeguate, incoerenza tra il lavoro offerto e le aspettative dei dipendenti, carenza di figure formate. È in sintesi quanto emerge dall’analisi Il futuro del lavoro: viaggio attraverso la percezione del lavoro nell’Italia di oggi che Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos Italia, ha presentato in occasione del Festival del Lavoro Sostenibile, l’evento promosso da HR Link, Digital Horizon e Asvis, con il patrocinio di AIDP –Associazione Italiana per la Direzione del Personale, che si è tenuto a Roma il 14 maggio 2024.
“Le aziende, specialmente quelle medio-grandi, sono consapevoli delle crescenti aspettative dei cittadini e sanno che una buona reputazione dipende dal modo in cui trattano i lavoratori, con la capacità di attrarre e mantenere talenti” ha spiegato Pagnoncelli, introducendo i dati emersi dall’analisi.
L’evidenza, come ha sottolineato il presidente Ipsos, è quella emersa dalle ricerche condotte dalla società – oltre 2mila nel 2023 solo in Italia – che hanno messo in luce come quello della responsabilità sociale d’impresa sia uno dei settori in maggiore crescita, in cui il lavoro riveste un ruolo fondamentale.
Stabilità e prospettive lavorative sono (ancora) tra le priorità
Avere un lavoro stabile, una retribuzione adeguata e prospettive di carriera rimangono necessità primarie per i lavoratori secondo l’analisi Ipsos.
Il 58% dei giovani desidera maggiore stabilità lavorativa e individua la mancanza di prospettive, sicurezza occupazionale e attenzione all’ambiente e al clima i problemi più rilevanti.
Carenze in ambito lavorativo che però non hanno un impatto solo sulle aziende, ma su tutta la società italiana, che patisce come è noto un calo drastico della natalità.
Come ha ricordato Pagnoncelli, i dati demografici ci dicono infatti che l’Italia è il secondo Paese più vecchio al mondo, con una quota di oltre 14 milioni di over 65enni destinata a crescere nei prossimi anni e una percentuale di occupati tra i 25 e i 34 anni con contratto a tempo indeterminato scesa in 18 anni dal 64% al 60%.
Cambiano le aspettative tra vita e lavoro
Se lavoro stabile, reddito e carriera sono i desiderata per quanto riguarda l’impiego, il lavoro però non è tutto. I giovani lo mettono al quinto posto delle loro priorità. Le cose più importanti sono la famiglia, l’amore, la cultura e l’istruzione e l’amicizia e prima del lavoro c’è anche il divertimento per chi ha tra i 18 e i 34 anni, mentre tra i 35 e i 54 anni è l’esatto opposto.
A cambiare sono sì le priorità, ma anche le aspettative dei lavoratori e c’è una maggiore volontà di cambiamento, non negoziabile con la stabilità di un salario fisso alla fine del mese. Il 26% degli under 35, per esempio, è preoccupato della mancanza di riconoscimento del merito, e anche se i giovani non cercano un carrierismo sfrenato, vogliono dare senso al proprio lavoro.
Ma il mondo del lavoro è cambiato? Dalla ricerca Ipsos emerge che il 57% dei lavoratori lo ritiene, più che semplicemente cambiato, peggiorato, soprattutto per quanto riguarda retribuzione, ambiente e valori come flessibilità e benessere. Un contesto complesso che rappresenta una sfida significativa per le aziende, che devono gestire queste dinamiche ogni giorno.
“Gli HR devono entrare in relazione con cambiamenti profondi anche della tipologia del lavoro, quindi per certi versi le aziende sono molte sfidate anche dalle trasformazioni che il lavoro sta vivendo” ha sottolineato Pagnoncelli.
Nuovi lavori e l’impatto dell’AI
Molti degli intervistati sottolineano inoltre di avere ruoli nuovi, spesso inesistenti fino a dieci anni fa. Questa realtà obbliga le aziende a gestire profonde trasformazioni, richiedendo un significativo adattamento anche da parte delle risorse umane.
Cresce inoltre la consapevolezza che l’obsolescenza delle conoscenze, l’innovazione tecnologica e i continui cambiamenti riducono l’importanza dell’iper-specializzazione nel panorama attuale.
Tra i cambiamenti c’è quello portato dall’Intelligenza Artificiale, dalla quale i lavoratori si aspettano una semplificazione dei processi (30%) e la sostituzione dei lavori più ripetitivi (25%) anche se non mancano le preoccupazioni.
Se le persone che ritengono probabile che l’AI cambierà il modo in cui lavoriamo nei prossimi 5 anni (57%) e quelle che ritengono improbabile di perdere il proprio posto a causa della tecnologia (56%) quasi si equivalgono, un terzo teme che il proprio lavoro potrebbe non esistere più entro 5 anni.
Leadership, formazione e carriera
Ipsos ha indagato le aspettative dei manager aziendali e le priorità dei lavoratori, che evidenziano difficoltà nei processi aziendali, carriere non personalizzate, retribuzioni inadeguate e mancanza di formazione interna e coinvolgimento. Queste discrepanze indicano la necessità di una riflessione sulle priorità aziendali, che potrebbero non allinearsi con quelle dei dipendenti.
Si rilevano però differenze nelle capacità di leadership tra manager di aziende culturalmente avanzate, come le multinazionali, rispetto a quelle di PMI o PA. Il 34% ritiene inadeguata la formazione, con molti lavoratori che attribuiscono la causa alla riluttanza delle aziende a sostenere i costi (19%) e i tempi necessari (19%) per la formazione. Inoltre, il 34% segnala che le aziende non pianificano a lungo termine e cercano personale formato solo in situazioni di emergenza.
Le generazioni in azienda tra flessibilità e competenze
Coinvolgere i giovani con promesse non verificabili è sempre più difficile, poiché la necessità di accelerare la carriera, se non gestita, può portare a delusione e abbandono.
La percezione di un maggiore potere contrattuale, soprattutto tra i giovani brillanti nei grandi centri del Nord, e la disponibilità di forme di lavoro più flessibili stanno plasmando una generazione di nativi smart worker. I giovani desiderano lavorare meglio e sono meno disposti ad adattarsi, accettando più facilmente l’inattività rispetto a un lavoro insoddisfacente.
I lavoratori senior, dal canto loro, pur essendo una risorsa preziosa, sono poco valorizzati, spesso a causa di pregiudizi aziendali sulle loro capacità cognitive, flessibilità e competenze aggiornate.
Il 36% dei pensionati desidererebbe tornare a lavorare e l’active aging, in realtà, dimostra grandi potenzialità in relazione ai cambiamenti demografici e allo sviluppo tecnologico e digitale.