Future of Jobs 2025: quale mondo del lavoro ci aspetta?
Quali sono le tendenze e le direzioni occupazionali dei prossimi anni? Il focus offerto dal Forum mondiale dell’economia e dall’edizione 2025 di Future of Jobs Report
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Innovazioni tecnologiche, transizione green, ma anche forti cambiamenti demografici e incertezze economiche: sono i principali macrotrend individuati dal World Economic Forum per il 2025.
A Davos, come ogni anno, i maggiori esperti di economia e di politica si riuniscono per discutere delle questioni socio-economiche più urgenti e rilevanti. Future of Jobs, nella sua edizione 2025, analizza il tema del lavoro da diverse sfaccettature, facendo emergere opportunità, cambiamenti e, inevitabilmente, possibili crisi e principali sfide. Il report si suddivide in diverse sezioni, ciascuna delle quali approfondisce un preciso aspetto: scopriamoli insieme.
Come cambierà il lavoro
Quali sono i macrotrend che influenzeranno il lavoro nei prossimi mesi? L’innovazione tecnologica è protagonista, in uno scenario economico difficile che non impedisce il cambiamento nella direzione della sostenibilità secondo il Future of Jobs 2025.
IA, automazione e mondo digitale
L’intelligenza artificiale, già preannunciata nel report del 2023, farà sempre più da padrona: gli esperti prevedono una crescita esponenziale per gli investimenti e la conseguente adozione delle nuove tecnologie.
Ma non solo: è tutto il settore tech a vivere un profondo cambiamento, dall’aumento – e anzi dalla necessità – di forme di automazione di processi industriali e logistici all’adozione di nuove tecnologie energetiche. Soprattutto, però, l’attenzione è rivolta verso il digitale: per moltissime aziende l’implementazione di tecnologie come il cloud computing o l’IoT sarà tra i principali motori del cambiamento del 2025 e oltre.
Un’economia difficile
L’economia globale sta affrontando un nuovo periodo di profonda crisi: un fatto che preoccupa numerose organizzazioni, che temono un generale rallentamento della propria operatività. Nel contempo, l’aumento del costo della vita, unito alla consistente inflazione (per quanto in lenta decrescita), avrà impatti sempre più importanti sulla vita delle persone, con effetti sui salari e sulle politiche di welfare.
Un mondo più green
La sostenibilità aspira a essere un’altra delle direttive principali del cambiamento – perlomeno laddove non scade in semplice greenwashing. Diverse aziende hanno confermato il proprio impegno a ridurre, anche con lo sviluppo o l’adozione di nuove tecnologie, il proprio impatto ambientale, monitorando le proprie emissioni di carbonio. Anche per questo la domanda di figure specializzate in energie rinnovabili – come gli ingegneri ambientali e non solo – tenderà ad aumentare.
E per chi lavora?
I cambiamenti in atto e quelli futuri non investono solo le organizzazioni, ma hanno un impatto anche su lavoratrici e lavoratori. Tra nuovi e vecchi lavori, il 2025 si prospetta un anno pieno di alti e bassi.
I lavori più richiesti e quelli in declino
Il WFE prevede che nel corso dell’anno i cambiamenti in via di sviluppo porteranno alla creazione di circa 170 milioni nuovi posti di lavoro. Ma attenzione: oltre 90 milioni di persone dovranno reinventarsi.
Tra i lavori in crescita, a sorpresa, troviamo gli agricoltori: le macchine, insomma, possono sostituirci solo fino a un certo punto. In effetti, se la popolazione mondiale aumenta a un ritmo vertiginoso, la questione “nutrizione” e “cibo” diventa un imperativo.
Il capitalismo, poi, spinge sempre più ad acquistare nuova merce: e infatti anche la domanda di conducenti di camion, di fattorini e di corrieri è in aumento. Accanto a mansioni a bassa specializzazione, poi, troviamo ovviamente sviluppatori di software e applicazioni, ma anche project manager, insegnanti e personale medico.
Chi se la passa peggio, invece, è la categoria dei cassieri, seguita dal personale amministrativo e di segreteria, oltre che, in ordine sparso, graphic designer, banchieri e persino guardie della sicurezza.
Nuove competenze
Quasi il 40% delle skill attuali sarà rimpiazzata entro il 2030: è la dura legge del cambiamento. Spazio, quindi, a competenze legate all’AI e alla cybersicurezza, certo, ma anche e soprattutto alle soft skills come pensiero creativo e analitico, a capacità di leadership, a empatia e ascolto attivo, ma anche alla curiosità, alla resilienza e alla capacità di apprendere.
Quello delle competenze è un fattore cruciale: il cosiddetto skills gap ostacola il cambiamento e può addirittura bloccarlo. Un elemento, questo, che riguarda innanzitutto i vertici aziendali, spesso appunto fautori di una cultura aziendale resistente al cambiamento.
Una delle migliori strategie per far fronte ai cambiamenti del mondo del lavoro è, secondo il WFE, l’upskilling: l’85% dei lavoratori coinvolti nel report ritiene che sia la scelta migliore quando si parla di futuro. In effetti, l’upskilling consentirà di affiancarsi meglio all’AI, che diventa quindi non un nostro sostituto, ma un sostegno al lavoro.
E sempre a chi lavora dovrebbero pensare le organizzazioni: la vera chiave per la talent attraction e retention è il benessere di lavoratrici e lavoratori. Non solo: il piano DEI – che pure in America molte aziende stanno boicottando con l’avvento di Trump – non è una favola. È una necessità e una priorità per oltre l’80% dei lavoratori, che deve soprattutto coinvolgere l’intero personale e, prima ancora, i manager.