Formazione: le proposte del tavolo di lavoro
Da una due giorni di lavoro intenso svoltasi a fine novembre a Firenze – ORU-Officina Risorse Umane – che ha visto riunirsi circa 80 responsabili HR di realtà aziendali provenienti da settori differenti, insieme a referenti istituzionali, rappresentanti del Governo, opinion leader ed esperti per confrontarsi su otto tematiche cruciali legate al mondo del lavoro – a ciascuna delle quali era dedicato un tavolo di lavoro altamente qualificato – sono emerse una serie di proposte concrete che sono state poi presentate all’intera assemblea nella plenaria di chiusura dei lavori e che daranno vita a un documento che verrà inviato al ministro del Lavoro. In otto articoli differenti, vi illustriamo le premesse e le proposte elaborate da ogni tavolo.
Life-long learning e formazione continua sono le parole-chiave del momento, imprescindibili per prepararsi alle sfide del futuro sviluppando nuove competenze, stimolando l’engagement e non perdendo competitività. È dunque fondamentale investire in formazione – rendendola strutturale – per entrare da protagonisti in un mercato del lavoro più dinamico, più digitale, più competitivo, più inclusivo. Ma perché la formazione sia efficace, le iniziative delle imprese devono essere sostenute a livello di sistema Paese attraverso azioni integrate di sostegno alla formazione – ivi compresa quella “su misura” erogata in-house dalle aziende – e profonda sinergia con scuole, ITS e università. Non solo. Sarà fondamentale anche l’implementazione di politiche attive per sostenere lo sviluppo delle persone e delle organizzazioni produttive, ispirandosi a modelli già conosciuti, come il Fondo Nuove Competenze, nonché la creazione di sistemi univoci e condivisi di classificazione e di certificazione delle competenze tecnico-professionali, anche trasversali, acquisite dai lavoratori, in logica di “blockchain” (ovvero creando una sorta di griglia con codici univocamente condivisi).
Formazione, tra hard e soft skill
Il tavolo di dibattito, coordinato da Federico Amicucci, Partner & Digital Business Director di Skilla, ha evidenziato da subito come la formazione professionale sia uno strumento strategico di crescita e di competitività sui mercati: solo investendo in formazione l’azienda può crescere ed essere competitiva, tanto più in un contesto come quello attuale in continuo e rapidissimo divenire.
Necessità, ma anche opportunità, quella della formazione, da intendersi, tra l’altro, nel suo senso più ampio e “valoriale”, ossia includente anche le soft skill e, se pensata “su misura”, orientata anche al superamento di gap generazionali o di nodi legati alla diversity nelle singole aziende.
Si è poi evidenziato come la rigidità di sistema, la presenza di ostacoli di varia natura e l’attuale impossibilità di coordinamento e/o di creazione di sinergia tra pubblico e privato rendano difficoltosa per le aziende proprio l’erogazione al personale di una formazione su misura, tarata su esigenze specifiche. In tale ottica, vanno considerate le best practice delle “academy”, luoghi formativi strutturati e creati in-house sempre più diffusi nelle organizzazioni medio-grandi.
Proprio il modello delle academy – creando un sistema di riconoscimento e certificazione della formazione erogata all’interno delle singole realtà – potrebbe essere replicato in una logica di filiera e di settore, coinvolgendo così nella rete formativa anche le piccole e medie aziende.
Serve tuttavia un meccanismo premiale che porti vantaggi sul piano economico-fiscale in favore delle aziende virtuose: premialità che si potrebbe declinare anche in termini di contributo relativo alle ore-lavoro perse perché dedicate alla formazione.
Si è poi affrontato il tema del contratto di apprendistato – considerato uno strumento farraginoso ed eccessivamente lungo – e quello degli ITS, per i quali molti dei partecipanti al tavolo di lavoro auspicano un coinvolgimento del Ministero del Lavoro – o anche del Ministero delle Imprese e del Made in Italy – nella definizione dei contenuti formativi professionali dei percorsi scolastici, avendo però le aziende come interlocutori privilegiati e necessari nella programmazione dei percorsi degli ITS.
Le proposte nel dettaglio
Il principale nodo da sciogliere, secondo il tavolo di lavoro sulla formazione, è legato al rapporto tra pubblico e privato nella determinazione dei contenuti formativi dei percorsi scolastico/universitari, che non deve più essere solo di “cooperazione”, ma di “marcata sinergia”. Il che significa, tra l’altro, migliorare l’integrazione tra i percorsi scolastici e universitari e l’inserimento aziendale; creare e regolamentare un’interazione continua e reciproca – anche eventualmente a livello territoriale – tra le istituzioni formative e il mondo delle aziende, affinché le attività formative scolastiche e universitarie siano sempre più in linea con le esigenze del mondo del lavoro; istituire un meccanismo di premialità per gli istituti che coinvolgono le aziende nella definizione di specifici piani educativo-formativi volti all’inserimento aziendale. La proposta prevede inoltre la possibilità di erogare borse di studio per la formazione on the job finanziate dalle aziende o dai fondi interprofessionali all’interno dei percorsi di istruzione.
Un ulteriore passaggio-cardine della proposta presentata al Legislatore riguarda la formazione “in house”, che va sostenuta, deburocratizzata e incentivata – favorendo anche l’accesso ai fondi interprofessionali – rendendola continuativa durante il rapporto di lavoro, facilitando le aziende nella relativa erogazione e premiando quelle virtuose.
Serve poi, come già accennato, la creazione di un sistema condiviso e univoco – aggiornamento periodicamente da un organismo di natura pubblico/privata – di classificazione e di certificazione delle competenze tecnico-professionali e trasversali acquisite dai lavoratori, in una logica di “blockchain”, e anche in chiave predittiva, al fine di individuare e classificare le competenze che nel prossimo futuro saranno richieste dalla aziende.
Infine, l’ultimo punto della proposta riguarda il modello del Fondo Nuove Competenze, al quale bisogna ispirarsi – sia come tipologia di finanziamento, sia come approccio diretto e meno burocratizzato – per realizzare un sistema da rendere strutturale (che preveda, per esempio, la copertura del costo-ore destinate alla formazione e dell’aggiornamento digitale e di quello per transizione ecologica).
Il commento del coordinatore
«Il tema principale, in materia di formazione, è quello del reskilling: una fetta enorme della nostra popolazione ha necessità di acquisire nuove competenze; la seconda sfida è quella di riuscire ad apprendere alla velocità del cambiamento; la terza è quella di non confinare la formazione ad aree specifiche: l’academy all’interno dell’azienda deve diventare sempre più diffusa, dobbiamo riuscire a trasformare i manager in “learning coach”. Skilla ha coniato uno slogan: “libera la passione di apprendere” perché crediamo che ognuno abbia tutte le opportunità per formarsi, le organizzazioni mettono a disposizione tantissime risorse, online troviamo tantissimi contenuti formativi: la vera sfida è creare le condizioni organizzative affinché le persone possano ritrovare una motivazione forte che le spinga ad apprendere continuamente» ha commentato le riflessioni del tavolo di lavoro sulla formazione Federico Amicucci.