Welfare, stress e burnout: ecco com’è il mondo del lavoro secondo il rapporto Censis-Eudaimon

L’8° Rapporto Censis-Eudaimon rivela alto stress lavorativo: il 31,8% dei dipendenti soffre di burn-out e il 73% vive ansia da lavoro. L’83,4% chiede più benessere e supporto mentale, spingendo le aziende a diventare hub di welfare

Più di 8 dipendenti su 10 concordano su un fatto: il lavoro non può e non deve essere totalizzante, ma deve anzi contribuire al benessere globale – fisico e psicologico – dell’individuo. È quello che emerge con chiarezza dall’8° rapporto Censis-Eudaimon su “Lavoro, aziende e benessere dei lavoratori”.

Lavorare per migliorare la qualità della vita

Il documento fotografa molto bene il cambiamento di paradigma che sta investendo le aziende italiane, chiamate a reinterpretare il proprio ruolo: non più semplici datori di lavoro, ma veri e propri hub del benessere, come specifica Alberto Perfumo, ad di Eudaimon.

Per i dipendenti salute (63,2% degli intervistati), tranquillità (42,4%) ed equilibrio (34,4%) sono le parole chiave che definiscono le nuove esigenze del lavoro. Attenzione però, non si tratta di un desiderio passeggero, ma di una necessità trasversale – non legata neppure a età o specifiche figure professionali – che va oltre il tradizionale disagio lavorativo: anche chi non vive condizioni di malessere conclamato vuole che il lavoro offra opportunità per migliorare la qualità della vita.

L’attenzione per la salute mentale

Circa il 32% degli intervistati ha sperimentato sensazioni di esaurimento e in generale sentimenti negativi verso il proprio lavoro: si tratta delle classiche – e pericolose – situazioni di burnout. Questo stato psicologico coinvolge soprattutto i giovani (circa 48%) e in misura minore gli adulti e i dipendenti più anziani (28-23%). Tra i disagi maggiormente sperimentati campeggiano sicuramente ansia e stress (73%). Il dato preoccupante è che quasi 8 persone su 10 non siano riuscite a trovare un equilibrio tra lavoro e vita privata, situazione che poi sfocia nel sentirsi sopraffatti dalle attività quotidiane.

La colpa del disagio lavorativo, in molti casi, è legata all’azienda stessa: il 67% di lavoratrici e lavoratori ha provato frustrazione per via del mancato supporto da parte del proprio datore di lavoro, mentre il 68,5% riconosce la mancanza di un ambiente lavorativo buono e sano.

Sono poi 3 milioni i dipendenti con la cosiddetta sindrome da corridoio, ovvero un amalgama di disagi, stress e ansia vissuto senza soluzione di continuità tra casa e lavoro, che riduce pericolosamente il proprio benessere, la qualità della vita e la salute mentale.

L’importanza del welfare aziendale

Più di 3 dipendenti su 10 ritengono che il welfare pubblico sia in peggioramento rispetto a quattro anni fa, e solo il 4% crede che l’attuale sistema potrà garantire in futuro la copertura di bisogni essenziali. Ecco quindi che il welfare aziendale assume una funzione sempre più strategica: l’86% dei dipendenti auspica un potenziamento dei benefit aziendali, soprattutto quelli legati a salute e cultura. Una bella sfida, considerando che i servizi di supporto psicologico e di coaching sono ancora diffusi a macchia di leopardo.

L’azienda diventa hub del benessere

Il rapporto Censis-Eudaimon delinea quindi la prospettiva di un’azienda che supera la logica del mero guadagno per diventare, come già anticipato, un autentico hub del benessere, con soluzioni personalizzate e in grado di rispondere a bisogni differenziati. La richiesta di consulenti di welfare, espressa dal 42% dei lavoratori, in effetti va proprio in questa direzione: affiancamento, ascolto e orientamento come pilastri di un nuovo modello di welfare aziendale. 

Questa nuova “azienda” mette in discussione l’antica concezione del lavoro come spazio neutrale, impermeabile alla vita privata: occorre rispondere alle esigenze del personale con modelli organizzativi flessibili, servizi di supporto alla persona e una nuova attenzione alla dimensione emotiva del lavoro. Il benessere non è più un corollario, ma una leva strategica per la motivazione e l’engagement: il tempo del lavoro come mero strumento di sostentamento è finito. Nel nuovo mondo del lavoro, probabilmente, solo le aziende che sapranno cogliere questa sfida diventeranno non solo più attrattive, ma anche più competitive.

error

Condividi Hr Link