Se le donne non inviano curriculum, il problema sei tu
Una analisi pubblicata dalla Harvard Business Review sui fattori che rendono alcune imprese poco attrattive per le donne: bisogna prestare grande attenzione al modo in cui l’organizzazione comunica la propria immagine all’esterno e anche alle modalità con cui si presenta in eventi pubblici di recruiting. Ecco gli elementi da tenere monitorati
Tu imprenditore, manager, direttore delle risorse umane, ti sei mai chiesto cosa comunica all’esterno la tua azienda? Con quali immagini viene rappresentata sul web e sui social? Con quali parole? Con quali figure viene presentata in seminari o momenti pubblici? Ti sei mai chiesto perchè le donne non mandano curriculum? Probabilmente i motivi sono questi.
Sono gli assunti di partenza di un articolo pubblicato dalla Harvard Business Review e curato da Lori Mackenzie, Shelley Correl e Alison Wynn, che sono rispettivamente cofounder, direttore e ricercatore di Stanford VMware Women’s Leadership Innovation Lab. Mackenzie è anche lead strategist, diversity, equity and inclusion della Stanford Graduate School of Business mentre Correl è titolare della cattedra “Michelle Mercer and Bruce Golden Family” di “Women’s Leadership” all’Università di Stanford.
Nell’articolo vengono citati diversi studi, tra cui uno dello stesso Women’s Leadership Innovation Lab sulle reazioni delle donne al modo in cui si propongono, per il recruiting, alcune aziende hi-tech. I ricercatori hanno potuto valutare quali sono risultate ingaggianti per le donne e perché, quali lo sono state meno e le motivazioni. Ad esempio: le donne sono meno propense a inviare un cv a una azienda in cui le donne non sono ben rappresentate o in quelle realtà che si narrano con stereotipi maschili o camerateschi (“lavoro duro”, “tarda notte in ufficio”). Il processo viene influenzato da molti fattori, anche dalle immagini che si usano nelle slide o dal ruolo delle donne o degli uomini durante la presentazione dell’impresa.
Al contrario: se le aziende ampliano la propria idea di successo, hanno maggiori probabilità di trovare la persona giusta. Un esempio è la Carnegie Mellon University, che ha “rappresentato” diversamente dal solito il proprio corso di Computer Science e in soli 5 anni è passata dall’avere un apprezzamento femminile del 7% al 42% (qui l’abstract del caso).
I segnali
Anche in questa tematica rientra il tema dei pregiudizi inconsci di cui ci siamo occupati in passato (un nostro approfondimento), ma le studiose di Stanford individuano una serie di segnali che si mandano all’esterno, ai quali l’azienda deve prestare attenzione se vuole essere attrattiva.
- Numero di donne e persone di colore in ruoli di leadership
- Descrizione del luogo di lavoro con termini che privilegiano l’aspetto collaborativo, creativo e orientato al problem solving
- Opportunità per crescere
- Opportunità di sviluppo competenze e mentorship
I pregiudizi
Il tema dell’influenza dei pregiudizi inconsci è sempre più all’attenzione di chi si occupa della gestione delle risorse umane, perché il rischio è quello di perdere talenti oppure esporsi a questioni che possono danneggiare la reputazione. L’Università di Stanford ha pubblicato una guida con le procedure su come analizzare e bloccare i pregiudizi all’interno della propria organizzazione.