Donne, cura e lavoro: ancora loro le più penalizzate
Un’indagine Ipsos commissionata da WeWorld mostra che il 60% di donne ha gestito da sola famiglia e cura, spesso lavorando. Le più colpite quelle tra i 31 e i 50 anni.
Sono le donne ad aver subito maggiormente le conseguenze della pandemia: il 60% ha gestito da sola famiglia, figli e anziani, spesso lavorando; gli uomini sono stati coinvolti solo al 21%. Questo il dato riferito dall’indagine Ipsos “Donne e cura in tempo di Covid-19” commissionata da WeWorld –organizzazione italiana che da 50 anni difende i diritti di donne e bambini in 29 Paesi del Mondo – che si inserisce nalla campagna #Togetherwebalance lanciata per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impatto dell’emergenza sanitaria nei confronti di famiglie e persone più fragili.
Se da nord a sud il peso della cura, della riorganizzazione della quotidianità, dei compiti ha gravato soprattutto sulle donne, le più esposte risultano essere quelle tra i 31 e i 50 anni. In questa fascia d’età il 71% delle donne dichiara di fare tutto da sola; al sud, poi, solo il 7% delle famiglie si affida ad esterni per la cura degli anziani. Nonostante ciò, dall’indagine emerge che il 47% degli uomini è convinto di essersi preso cura dei figli insieme alla compagna in modo paritario.
Donne e scuola
La scuola durante il lockdown è stata per le donne tra i 31 e i 50 anni un grande peso, perché sono state loro ad assistere ai compiti e alla didattica on line, spesso dovendo contemporaneamente lavorare. E il fardello si è mantenuto anche in seguito, quando nidi, asili e scuole sono rimasti chiusi.
Significativo, tuttavia, che nonostante il bonus baby sitter, solo l’1% dei genitori abbia dichiarato di averne fatto uso.
“Questi dati mostrano come le misure messe in campo dalle Istituzioni siano inadeguate o insufficienti a rispondere ai bisogni delle donne in particolare e delle famiglie in generale per garantire i loro diritti. Le donne dichiarano un senso di oppressione, di difficoltà nel gestire un carico mentale e fisico enorme, nella maggior parte dei casi senza poterlo condividere con nessuno. Questi dati sono confermati dalle richieste di aiuto gestite dalla nostra helpline dedicata alle donne in difficoltà, che abbiamo attivato durante l’emergenza” – commenta Marco Chiesara, Presidente di WeWorld – “Il Coronavirus ha agito come amplificatore di una situazione già presente, e purtroppo spesso ignorata: il senso di oppressione e il carico familiare e di cura delle donne hanno infatti radici profonde nel nostro contesto culturale”.
Donne e rinunce
Una donna su due ha dovuto rinunciare a qualche progetto, mentre lo stesso è accaduto solo a 2 uomini su 5. Anche in questo caso, la fascia più colpita resta quella tra i 31 e i 50. Il 40% del totale femminile del campione ha rinunciato alla ricerca del lavoro o l’ha posticipata, mentre il 38% ha annullato o rimandato le attività programmate per i figli.
Per tutti questi motivi, WeWorld – che si occupa di promuovere l’empowerment femminile – all’uscita dal lockdown ha chiesto alle istituzioni di rimettere scuola e famiglie al centro. “Ora che la fase due è iniziata è tempo di costruire basi solide per la ripartenza. Una campagna come #togetherwebalance, nata con un challenge diventato virale sui social – conclude Chiesara – ci permette di far vedere che il problema delle famiglie e delle donne è reale”.