Donne ai vertici, ancora indietro le aziende familiari
La legge non obbliga le non quotate ad allargare la presenza femminile ma l’Aidaf suggerisce la diversity come buona pratica
Sempre più donne nei board, dopo che l’emendamento alla manovra di bilancio di fine anno ha esteso la presenza femminile dal 33,3 al 40%, rispetto a quanto previsto dalla Legge Golfo-Mosca. Un cambiamento che si avvertirebbe ancora di più se riguardasse le imprese familiari, che costituiscono l’ossatura del sistema produttivo italiano.
All’inizio di marzo Guido Corbetta e Fabio Quarato, docenti all’Università Bocconi, hanno analizzato i dati dell’Osservatorio Aub che censisce tutte le aziende di proprietà familiare sopra i 20 milioni di fatturato, in vista del Family Business festival che si sarebbe dovuto svolgere a Torino intorno alla metà di aprile ma è stato, per adesso, programmato dal 2 al 4 luglio. Lo studio ha stimato che tra la primavera e l’estate il 30,7% delle aziende familiari dovrà rinnovare i propri organi sociali. Ma solo il 18,5% tra quelle prese in considerazione raggiunge una presenza femminile al 40%; se invece si considera la quota prevista dalla Legge Golfo-Mosca, allora la percentuale di aziende che raggiunge il 33,3% sale al 32%: dato che è senz’altro influenzato dalla presenza di azienda familiari quotate. Ciò dimostra che la legge ha dato una spinta al cambiamento, visto che prima con difficoltà si arrivava al 7%.
Norma antidiscriminatoria e non solo
È evidente che la norma aveva un carattere antidiscriminatorio, ponendosi l’obiettivo di rompere un monopolio ingiustificato, visto che le donne rappresentano la metà della popolazione, studiano e si laureano e hanno un profitto a volte anche superiore a quello degli uomini.
Gli effetti iniziano a vedersi, visto che, al di là della media ancora bassa, ci sono società familiari non quotate che rispettano già la percentuale prevista dalla legge, con una presenza femminile che è di solito anche componente della proprietà (ma questo dato è evidente anche sul versante maschile). Rispettare questo parametro non serve solo a promuovere la cultura della parità, ma anche a migliorare le performance aziendali visto che l’osservatorio – come accade anche nel caso di altre ricerche sullo stesso tema – mostra come la presenza femminile ai vertici sia strettamente connessa con i risultati positivi dell’impresa. Per questo motivo l’Aidaf, l’associazione delle aziende familiari, si è dotata di un codice di autodisciplina – non obbligatorio – che spinge a riflettere su queste buone pratiche, tra cui non solo la diversità di genere ma la diversity in tutti i campi, anche quello anagrafico e di stile di leadership.