Diversity, Equity & Inclusion: pubblicato lo studio Adecco su oltre 500 aziende
È stata pubblicata la ricerca di The Adecco Group sulle pratiche di D&I, da cui emerge che oltre la metà delle aziende non ha alcuna politica legata agli argomenti di diversità, equità e inclusione. Tra le imprese attente a queste tematiche, però, solo il 40% ha un budget e una strategia specifici. Nonostante una certa diffidenza di metà delle aziende esaminate, lo studio mostra gli effetti e gli impatti positivi delle buone pratiche, dall’aumento di attrattività dell’azienda al miglioramento della redditività.
Secondo una recente ricerca pubblicata da The Adecco Group solo poco più di 250 delle 500 aziende intervistate si dichiarano impegnate nelle iniziative e nelle politiche di Diversity, Equity & Inclusion. Questi tre temi, anche alla luce degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu, sono sempre più pressanti e attuali: il 94% degli intervistati dichiara che le iniziative di D&I rientrano anche in un discorso di competitività e non solo di dovere etico. Si registrano, infatti, benefici sull’innovazione, sulla redditività e sull’attrattività dell’impresa.
Tuttavia, nella realtà la situazione appare molto più complessa e legata a questioni di carattere culturale. Un italiano su 5, infatti, crede che le attività di D&I possano avere un impatto negativo sull’azienda. Tra le motivazioni indicate da chi ritiene che le pratiche di inclusione abbiano conseguenze negative, quasi la metà delle persone (45%) ritiene che queste compromettano il clima aziendale, mentre il 34% che complichino i processi in azienda e il 21% che comportino una dispersione di risorse finanziarie.
Sembrerebbe che questo marcato divario culturale sia legato alla mancata consapevolezza e informazione su questi temi: il 42% degli intervistati ammette di non conoscere il significato dell’espressione Diversity, Equity & Inclusion, anche perché, nella maggior parte dei casi (77%), non è stata offerta dall’azienda alcuna formazione a proposito.
Eppure, lo studio rivela che l’impatto delle iniziative di D&I è assolutamente positivo: migliora la talent retention (per il 35% degli intervistati), i processi decisionali (27%), lo scambio di idee e la redditività generale (13%). In effetti, un italiano su 2 giudica le politiche di D&I un fattore essenziale e determinante per la scelta del proprio posto di lavoro.
Dalla ricerca emerge che circa il 52% delle imprese è “molto” o “abbastanza” impegnata su questi temi, con la promozione di attività per i dipendenti e la comunità o anche con la semplice comunicazione.
La parità di genere è tra gli ambiti di intervento più frequenti (26% dei casi), assieme all’attenzione per le condizioni di salute, all’intercultura e all’apertura verso orientamenti sessuali differenti. Tra i focus di maggiore interesse per le aziende sia medie sia grandi (rispettivamente 36 e 32%) rientra il principio di equità, con la garanzia di pari risorse e opportunità di crescita professionale, unite all’impegno di garantire un equo processo di selezione a candidati con background differenti.
Tuttavia, il 30% delle imprese del sondaggio non investe sulla D&I e, in realtà, tra quelle aziende che sostengono di impegnarsi, il 59% ammette di non avere alcuna strategia specifica per implementare le iniziative, mentre il 57% di non avere un budget dedicato. La situazione si aggrava soprattutto per le piccole imprese, che solo in minima parte hanno strategie apposite e budget dedicato.
In effetti, il 67% delle aziende attive nella D&I dichiara di non avere strumenti necessari per misurare l’impatto del proprio operato. Sensibilizzare e informare su questi argomenti, quindi, non solo porta a una diffusione più capillare delle pratiche di D&I, ma fornisce proprio quegli strumenti e quelle competenze che, troppo spesso, sembrerebbero mancare.