Decreto Rilancio: rinnovo dei contratti a termine senza causale

Superata, fino al 30 agosto, la disciplina del Decreto Dignità: si potranno rinnovare senza obbligo di causale. Una norma che va nella direzione di favorire la ripresa e che si compenetra con la previsione del divieto di licenziamento. Ne abbiamo parlato con Maria Grazia Belfiore, giuslavorista del network Legalilavoro.

maria grazia belfiore

Le causali per il rinnovo dei contratti a termine, dopo i primi dodici mesi, sono state introdotte con il cosiddetto Decreto Dignità. Obiettivo del legislatore era quello di limitare la precarietà del lavoro. Sono state molto criticate, in ambito HR e giuslavoristico, per la difficoltà di applicazione, ma per altri restano comunque un argine al precariato di lungo corso. Con il Decreto Rilancio, emanato nei giorni della pandemia, è stata data la possibilità di rinnovare i contratti a termine senza causali, ma alcuni aspetti di questa disciplina dovranno essere chiariti in sede di conversione in legge. Abbiamo chiesto a Maria Grazia Belfiore, giuslavorista della rete Legalilavoro, un approfondimento sulle novità introdotte dal Decreto Rilancio.

Quali sono le novità?

Molto semplicemente: in quel decreto è prevista la possibilità di rinnovare o prorogare il contratto a termine senza obbligo di causale fino al 30 agosto. Già il decreto Cura Italia aveva modificato la disciplina prevista dal Jobs Act, sospendendo il divieto previsto per le aziende con procedure di cassa integrazione attive (art. 20 co. 1 del d.lgs 81/15) di stipulare contratti a termine e dando la possibilità alle imprese con personale in cassa integrazione “per Covid 19” di stipulare contratti a termine anche senza rispettare il periodo di “stop and go”. L’iter sulla acausalità dei contratti a termine è stato piuttosto travagliato: dalla riforma Fornero del 2012, che ha introdotto l’acausalità del primo contratto a termine di durata non superiore a 12 mesi, poi modificata dal Jobs Act, che ha stabilito l’acausalità totale fino a 36 mesi; poi il Decreto Dignità, che ha ridotto i termini generali del contratto a termine e quelli della acausalità e ora gli ultimi provvedimenti nella fase di emergenza, la cui formulazione generica sta generando delle perplessità.

A cosa si riferisce?

Il punto centrale è la data del 30 agosto: è la data entro la quale si possono rinnovare i contratti senza causale o è la data entro la quale i contratti rinnovati senza causale devono aver termine? In sede di conversione in legge auspichiamo ci siano dei chiarimenti su questo punto.

Qual è la ratio di questa deroga introdotta dal Decreto Rilancio?

È una norma, nella sua previsione programmatica, volta a favorire la ripresa dell’attività economica dopo la lunga fase di lockdown. In questo periodo è in vigore anche la norma che prevede il divieto di licenziamento, a maggior garanzia per i lavoratori. Diciamo che le due previsioni si integrano.

Che valutazioni dà, da giuslavorista, delle causali? Non tutti ritengono che siano lo strumento migliore contro la precarietà, soprattutto per la difficoltà di applicazione.

Da giuslavorista pro labour ritengo che le causali siano uno strumento di tutela del lavoratore. Si tratta di far fronte a due spinte contrapposte: la flessibilità è un’esigenza reale delle imprese, ma deve trovare i suoi limiti nella stabilità del rapporto di lavoro. Per questo ritengo che le causali vadano mantenute per evitare lo sconfinamento dalla flessibilità alla precarietà.

C’è anche chi propone la riduzione dei termini del contratto a termine ma con la piena acausalità, nell’ottica della semplificazione.

Le soluzioni possono essere diverse ma l’obiettivo, per me, deve essere quello di limitare la precarietà e stabilizzare il rapporto di lavoro. Le causali sono uno strumento ma ben venga tutto ciò che va in questa direzione.

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