Caporalato e lavoratori stranieri in Italia: i dati
I lavoratori stranieri sono una fetta importante di forza-lavoro in Italia, ma spesso si trovano a occupare impieghi sottopagati o anche non regolari. La fotografia della situazione dai dati Istat-Rcfl
Secondo i dati Istat-Rcfl, i lavoratori stranieri rappresentano il 10,1% degli occupati nel 2023. Giocano dunque un ruolo importante nel mercato del lavoro italiano, tuttavia sono al contempo esposti a mpieghi sottopagati e dequalificati a causa di alcune condizioni di vulnerabilità, come la scarsa conoscenza degli strumenti di tutela, l’inadeguata sistemazione abitativa o la distanza dai luoghi di lavoro.
Analizzando la distribuzione dei lavoratori migranti in Italia nei vari settori, emergono tendenze significative:
- circa un terzo degli occupati nei servizi pubblici, sociali e personali è straniero (21,5% extra UE)
- nel settore ricettivo e della ristorazione, il 17,4% degli occupati è straniero (13,5% extra UE)
- nel settore primario il 18% degli occupati è straniero (13,1% extra UE)
- nell’edilizia il 16,4% è straniero (10,3% extra UE).
Il lavoro irregolare
Nei settori della cura alla persona, edilizio e agricolo si registrano i tassi più alti di lavoro irregolare, spesso a causa del lavoro nero e delle varie forme di lavoro “grigio”.
In Italia, il tasso complessivo di irregolarità è dell’11,3%, ma sale al 23,2% nell’agricoltura e al 51,8% nel lavoro domestico. Gran parte di questa manodopera illegale viene impiegata tramite il “caporalato”, ossia sistema di intermediazione, reclutamento e organizzazione illegale della forza lavoro.
Un sistema, che in una nota sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociale viene indicato come massimamente applicato in agricoltura. Il caporalato viene definito nella stessa nota come ” un sistema di intermediazione presente quando è ampia la distanza tra aziende agricole e persone in cerca di lavoro e quando l’organizzazione del lavoro in squadre risulta essere particolarmente complicata. Il caporalato si presenta spesso come l’unico meccanismo organizzativo in grado di colmare quel vuoto strutturale fra domanda e offerta di lavoro”.