Covid e lavoro, la ricetta per trasformare la crisi in creatività ed efficienza
Uno studio della Harvard business review dimostra che le aziende sono più resilienti se riescono a trasferire competenze da settore a settore e a scambiare talenti
L’emergenza sanitaria scatenata da Covid-19 ha modificato in modo profondo il mondo del lavoro e le persone, che si sono ritrovate in molti casi ad affrontare situazioni con cui mai prima si erano confrontate. Il cambio di scenario ha portato alcune imprese a rivedere del tutto la propria produzione: è accaduto ad aziende di abbigliamento come Brook Brothers e New Balance, che hanno iniziato a produrre mascherine, ma anche a case automobilistiche come Tesla, Ford e General Motors, che hanno avviato la produzione di ventilatori a partire da quelli delle auto, il cui mercato nel frattempo era crollato. Un mutamento che può essere sfruttato dalla leadership aziendale come opportunità per re-immaginare le proprie organizzazioni, trasferendo talenti e competenze laddove risultano essere più necessari.
Uno studio della Harvard Business Review propone tre modi attraverso cui operare questa trasformazione.
Concentrarsi sulle criticità
“Make work portable across organization”, scrivono Ravin Jesuthasan, Tracey Malcolm e Susan Cantrell. Importante, insomma, collocare le persone laddove sono le criticità, come ha fatto ad esempio la Bank of America, che ha iniziato già ad aprile a spostare tremila dipendenti di tutta la banca in ruoli diversi, per rispondere all’assalto di richieste in arrivo dai clienti.
Questo può avvenire se sono operative squadre in grado di lavorare anche al di fuori di una rigida struttura organizzativa: si vince la sfida spostando competenze. Organizzazioni come Allianz Global Investors o Cisco, ad esempio, hanno strutturato il proprio mercato del lavoro interno spacchettando il lavoro in compiti e progetti che potessero essere abbinati con successo a persone collocate ovunque nell’organizzazione, che avessero le skill giuste e fossero disponibili in quel momento.
Scomporre le mansioni nelle attività che le compongono può permettere di lavorare agilmente da remoto o in altre aree geografiche, ma anche di riempire i vuoti nelle situazioni di malattia dei dipendenti o quando è in vigore un blocco delle assunzioni.
Accelerare l’automazione
Gli autori dello studio sottolineano che l’automazione è ormai necessaria, perché garantisce sicurezza e affidabilità: in fase di emergenza sanitaria, è stata spesso la tecnologia che ha permesso di affrontare crisi e i picchi di lavoro, consentendo inoltre a molte persone di lavorare da remoto e non esporsi al virus.
Al via le mansioni intersettoriali
Lo scambio di talenti: ecco cosa propone la Harvard Business Review. Ovvero, trasferire dipendenti rimasti senza lavoro a causa della crisi verso altri settori che hanno, al contrario, un eccesso di richiesta, come la sanità, la logistica e alcuni negozi al dettaglio. Un esempio? Il supermercato Kroger ha preso in prestito temporaneo per 30 giorni dipendenti messi in congedo da Sysco corporation, un distributore all’ingrosso di prodotti alimentari per la ristorazione che è stato molto colpito dal Coronavirus. Anche in Cina, mesi prima, era già successo che le aziende iniziassero a “condividere” dipendenti in modo creativo: oltre tremila persone sono confluite ad esempio in Hema, catena di vendita al dettaglio di prodotti alimentari di proprietà di Alibaba.
In accordi di questo tipo, le aziende che ricevono manodopera definiscono le skill richieste, e si confrontano con le imprese che condividono la propria forza lavoro per definire i tempi dello scambio e le implicazioni sulla retribuzione, i benefit, l’assicurazione.
Verso organizzazioni più resilienti
In sintesi, dunque, ciò che lo studio evidenzia è che la pandemia può spingere le aziende a essere più creative, stimolando la capacità di reinventare lavori e di ridefinire dove, come e quando una mansione può essere svolta, ponendo infine le basi per una maggiore efficienza e una decisiva resilienza delle organizzazioni.