Cos’è una ‘happy company’? Alla scoperta della cultura del benessere come leva di produttività

Andrea Virgilio è CEO e Chief Happiness Officer di Heply, una software agency giovane, il cui successo si fonda sulla felicità dei propri dipendenti. Un approccio basato su alcune linee guida per gestire le risorse umane e la relativa produttività senza far mancare supporto, fiducia, senso di appartenenza, valorizzazione dei rapporti interpersonali, delle capacità individuali e dei momenti di crescita e formazione.

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Si può essere felici sul lavoro? La risposta è sì: perché ormai è chiaro che più un’azienda è attenta al benessere e alla felicità dei propri dipendenti, più questi daranno il massimo. Avere collaboratori felici significa avere un team motivato e fortemente coinvolto nella mission aziendale. Grandi aziende come Microsoft, Ikea, Google, hanno aperto la strada in questa direzione, con iniziative mirate al benessere del personale. Ma oggi anche le piccole realtà si muovono su questo solco.

Un esempio virtuoso è costituito da Heply, software agency formata da giovani professionisti tutti under 35 “che ogni giorno si allenano alla felicità” ha raccontato Andrea Virgilio, CEO e Chief Happiness Office in due recenti interviste apparse sul Corriere e Vanity Fair.

«Una happy company ha spiegato Andrea Virgilio non è un luogo dove tutti sono sempre felici, ma è una realtà in cui il metodo di allenamento alla felicità fa la differenza». Heply è composta da sviluppatori, designer e analisti, i cosiddetti “happy coders”. Fondata a Udine nel 2019, nell’ultimo anno ha visto il proprio fatturato crescere del +75% e guarda al 2021 con obiettivi altrettanto ambiziosi. Una crescita che per Virgilio si regge sulle solide basi della “felicità”. Ecco quindi i 10 consigli per ridisegnare l’approccio al mondo del lavoro facendo leva sulla cultura della positività e rendere la propria azienda una happy company, in base all’esperienza di Heply.

1. Una happy company è prima di tutto un’azienda libera dagli schemi: basta consentire alle persone di scegliere come e dove lavorare, liberare gli spazi, la gestione delle pause, dare la possibilità di ascoltare musica mentre si lavora.
2. Instaurare un rapporto di fiducia con i collaboratori: ritagliare dei momenti per parlare a quattrocchi con ognuno di loro. Così, il lavoratore capirà che la sua opinione conta realmente.
3. Datori di lavoro, manager e responsabili dovrebbero porsi in maniera autorevole, ma non superiore: fanno tutti parte della stessa squadra e il lavoro di ognuno è prezioso tanto quanto quello dei dipendenti.
4. Non condannare l’errore, ma sfruttarlo per trarne un insegnamento.
5. Inserire dei momenti di svago e gioco per stemperare la tensione quotidiana: la gamification, ad esempio, permette di accendere una sana competizione e stimola il talento. Un’altra idea è quella di adibire una piccola stanza a sala relax, magari con biliardino e divanetti.
6. Investire nelle risorse umane tramite percorsi di crescita e formazione: così, non solo si aiutano collaboratori a migliorare le conoscenze, ma si dimostra di avere per loro progetti di lungo periodo.
7. Celebrare i piccoli e grandi traguardi: sentendosi valorizzate, le persone si impegneranno ancora di più per dare il massimo.
8. Coltivare la felicità con costanza e nel lungo termine senza pretendere risultati immediati.
9. Promuovere iniziative per stimolare la creatività e la coesione del gruppo: ad esempio, creare sfide offline o virtuali e organizzare incontri extra-lavorativi in un ambiente diverso dall’ufficio.
10. Infine, è assolutamente necessario dire addio alla logica del controllo: investire sulla fiducia, sul rispetto reciproco e sul senso di responsabilità. Sono le basi per rendere un’azienda davvero una happy company.
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