Convinzioni limitanti e convinzioni potenzianti: la strada per il successo
Nel raggiungimento dei nostri obiettivi siamo soliti pensare che gli eventi esterni, le situazioni di contesto, le intenzioni delle altre persone siano l’ostacolo predominante che finirà per inficiare in maniera assoluta i nostri propositi
Sia gli individui, sia le organizzazioni si trovano a fronteggiare momenti critici o a voler fare un salto di qualità, un cambiamento che obbliga a fare i conti con le risorse interne ed esterne.
La capacità di discernere, di analizzare le risorse di contesto e quelle personali/organizzative è alla base del processo che può condurre verso il successo.
Consapevolezza e responsabilità sono le due parole chiave che stanno alla base dei percorsi di coloro che riescono ad arrivare a meta.
Proprio in esse si nasconde infatti l’elemento determinante per allestire la propria strategia realizzativa.
Basta guardarsi intorno per rendersi conto che a fronte delle stesse condizioni avverse ci sono individui/organizzazioni che riescono a trovare la strada per raggiungere ciò che si ripropongono, proprio la dove altri soccombono . Qual’è la differenza che fa la differenza?
Lungi da noi riproporre triti slogan del tipo “volere è potere”, che finiscono per conferire un’aura magica alla volontà personale. Come direbbero gli esperti di PNL parlare in maniera indefinita di volontà è un’affermazione estremamente generica, che non restituisce in termini concreti la responsabilità, e quindi la possibilità, di autorealizzazione.
Nel progettare il futuro, ed particolare quello lavorativo, ciò che spesso congiura in maniera molto tanto potente, quanto inconsapevole, è lo straordinario potere boicottante dei nostri pensieri.
Sono infatti loro a costruire la realtà che ci circonda, o meglio il nostro modo di percepirla e quindi di muoversi all’interno di essa.
Le etichette che attribuiamo a noi stessi, alla nostra azienda e a chi ci circonda, ci inducono a comportarci di conseguenza, se ci riteniamo irrimediabilmente vittime della sorte, finiremo per comportarci come tali, se riteniamo di essere degli incompetenti, è molto probabile che con i nostri comportamenti finiremo per dare sostanza a questa “convinzione limitante”.
Le parole, gli sguardi, il tono della voce, il nostro corpo restituiranno all’altro quella identità da cui tutto ciò si muove.
Per le aziende il “si è sempre fatto così”, “noi sappiamo fare solo questo” finirà per deviare qualsiasi tentativo di innovazione.
Nulla di magico in tutto questo: le relazioni, in qualsiasi situazione, si nutrono di questo flusso continuo tra pensieri e comportamenti.
Acquisire consapevolezza e quindi responsabilità verso le nostre azioni, lungi dal renderci onnipotenti, infantile pretesa che attribuisce ancora una volta all’esterno, al fato, possibilità di realizzazione, permette di aprirsi verso nuove possibilità.
Lavorare sulle convinzioni è impegnativo perché esse hanno una funzione molto importante nel sistema personale ed aziendale: hanno la finalità di preservarci sulla scorta degli input che arrivano dal passato, dai vari condizionamenti che sono stati vissuti, preservando dal rischio di avventurarsi in terreni sconosciuti.
Le convinzioni limitanti hanno a che fare con il passato e quindi rappresentano uno dei principali ostacoli alla progettazione, al cambiamento, ma al tempo stesso sono un favoloso patrimonio di informazioni che, approfondite e ristrutturate, portano al potenziamento dalla consapevolezza dei talenti, delle potenzialità che servono per avanzare verso la una nuova visione. Proprio in esse si nascondono le chiavi per accedere alle risorse dormienti, che sono necessarie al salto in avanti.
La storia dei post-it dell 3M ci fornisce una potente metafora utile a comprendere questo concetto: ciò che per il ricercatore Spenser Silver era un limite, il fallimento rispetto alla ricerca di un potente adesivo, qualche hanno dopo divenne una straordinaria opportunità per Arthur Fry.