Contratto a tutele crescenti: non si applica verso i dirigenti
Il nuovo contratto a tutele crescenti, regolarizzato dal Decreto Legislativo n. 23 del 2015, ha introdotto nuove tutele per gli operai, impiegati o quadri assunti a tempo indeterminato a partire dal 7 marzo 2015, ma non valide per i dirigenti.
Per loro, infatti, si applicano le tutele già in vigore al 7 marzo, previste dai contratti collettivi nazionali di riferimento.
Il problema è che legge italiana non dà una definizione di dirigente; per compensare a ciò, la contrattazione collettiva e la giurisprudenza hanno individuato gli elementi caratterizzanti di un dirigente. Parliamo sia di un prestatore di lavoro che ricopre un ruolo di vertice all’interno dell’organizzazione o una posizione da cui influenzare l’andamento aziendale, sia del dipendente che opera con autonomia e responsabilità.
C’è però una differenza tra il dirigente vero e proprio e lo “pseudo-dirigente”, il quale è preposto a un singolo servizio, ufficio o reparto ed è comunque soggetto al controllo dell’imprenditore. Parlando di tutele e di nuovo contratto a tutele crescenti, di conseguenza, in caso di licenziamento illegittimo i cosiddetti “pseudo-dirigenti” godono di tutte le tutele previste dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300 del 1970); nel caso di nuove assunzioni, delle tutele previste dal Decreto Legislativo n. 23 del 2015.
Il dirigente può ovviamente essere reintegrato in caso di licenziamento discriminatorio o nullo.