E se il consulente migliore per le organizzazioni fosse l’infanzia?

Che cosa succederebbe se ci mettessimo in contatto, sul posto di lavoro, con il bambino che siamo stati? Quali sono le competenze dell’infanzia che tornano utili in azienda?

A cura di Anja Puntari, Executive Business Coach e artista

Durante il Fuorisalone del 2024, nel caos della folla e delle installazioni per cui bisognava essere velocissimi a prenotare, ho trovato un’isola di pace (quantomeno interiore) che però mi ha anche spinta a riflettere: c’è in ogni persona una parte che potrebbe essere di grande valore per le organizzazioni e che invece, a causa del tempo (che sia perché è poco o perché, semplicemente, passa), spesso si tende a spegnere.

Nel cortile dell’Università degli Studi di Milano, Labo.Art e Plastique Fantastique, per Cross Vision, hanno creato Planetarium: un’installazione che offre un’experience spaziale immersiva con l’obiettivo di stimolare l’immaginazione dei fruitori. Una sfera pneumatica di nove metri di diametro, appoggiata su una pedana in legno, circonda un albero: entrando nella sfera, viene naturale spostare lo sguardo verso l’alto e ammirare una costellazione di stelle, rami, foglie ed elementi naturali che portano immediatamente in un’altra dimensione. A fare da colonna sonora di questo viaggio immaginativo, la voce di Pablo Trincia che legge le favole di Gianni Rodari.

Come spiegano gli stessi Plastique Fantastique, duo di artisti fondato nel 1999 a Berlino, composto da Marco Canevacci e Yena Young, l’installazione “punta a riportare a galla i ricordi dell’infanzia. È pensata per riaccendere la gioia dell’incanto e del desiderio”.

Anja Puntari

Infanzia, incanto e desiderio sono tre termini che fanno tornare alla mente momenti felici, sorrisi ed entusiasmo: che fine hanno fatto nelle organizzazioni di oggi?

Chi prova ad utilizzarli in contesti lavorativi viene spesso considerato come un sognatore, che pecca di poca concretezza, eppure ad una riflessione più approfondita sugli insegnamenti che queste parole possono lasciare si scopre che proprio in quella fase della vita (l’infanzia, che chi arriva nel mondo del lavoro ha concluso da tempo) sono racchiuse delle competenze che in un momento storico come quello che stiamo vivendo, in costante cambiamento, si stanno rivelando sempre più utili: parliamo di creatività, visione, pensiero out of the box, problem solving innovativo. Immaginazione, appunto. E c’è anche un’altra dimensione su cui vale la pena di portare l’attenzione, quella emotiva: i bambini hanno passione, riconoscono le proprie emozioni e agiscono di conseguenza, sanno usarle come spinta per continuare a sognare. I contesti lavorativi, invece, molto spesso sono costruiti sulla tendenza a creare un’assenza di emozioni.

Tenendo conto di questi due fattori, quindi, che cosa succederebbe se tutte le persone che lavorano nelle aziende si fermassero un giorno per fare un meeting con il bambino o la bambina che sono stati? Probabilmente il punto di vista che ne ricaverebbero sarebbe disarmante e interessante allo stesso tempo.

E chissà che tanti problemi su cui ci si arrovella da tempo non trovino una soluzione. Magari la risposta che si cerca potrebbe essere in un gioco, in un aneddoto, in una favola, oppure ancora in un altro degli insegnamenti dell’infanzia: fare senza uno scopo preciso, senza mirare necessariamente a un obiettivo. In alcuni casi è proprio il gioco fine a se stesso che porta a risultati e scoperte maggiori.

È una possibilità che nella maggioranza dei casi non viene contemplata dal management: la concezione che abbiamo del lavoro ci porta a dire che fare business non è un gioco e col divertimento ha poco a che fare. E poi c’è la solita scusa: per giocare non c’è tempo (come dicevamo prima: è poco, è passato…). Ma se stiamo a guardare i fatti è impossibile non accorgersi che il continuo ingabbiare le performance lavorative in un modus operandi “da adulti” alla lunga fa perdere l’entusiasmo, il senso di divertimento, la curiosità che spinge le persone a fare sempre meglio. A crescere e a desiderare, come fanno i bambini e come ci si aspetterebbe dai talenti.

La parola “desiderio”, etimologicamente, deriva dal latino de-sidera, ovvero la condizione in cui sono assenti le stelle. È per questo che si desidera ciò che manca. Ma se si smette di desiderare, di immaginare, si rischia di non accorgersi che le stelle si sono spente. E nelle organizzazioni con cui lavoro tutti i giorni capita molto frequentemente che tante stelle siano spente e che non ci si ponga nemmeno il dubbio di come fare a riaccenderle.

Ma provate a pensare: come vi sareste sentiti da piccoli se aveste guardato il cielo di notte e vi foste accorti che le stelle non c’erano più?

Quello che i Manager possono spronare i propri collaboratori a fare, quindi, è provare a tornare bambini e recuperare il brillio che riverbera negli occhi di chi guarda le stelle e vuole fare del suo meglio per tenerle accese.

Se vogliamo creare organizzazioni in cui le persone sono felici stare, dare voce al lato infantile di ognuno potrebbe essere parte della strategia vincente.

error

Condividi Hr Link