Con Challenge Network la formazione sulla leadership scende in campo
Fedele all’idea che la formazione è alla base di ogni sapere condiviso, Challenge Network propone ogni anno eventi formativi di grande suggestione che, sfruttando le metafore offerte dal mondo sportivo, aiutano i leader e i membri dei team a crescere
Il tema dello skill gap in materia tecnologica non è mai stato così attuale. Secondo una recente analisi effettuata da Modis, società specializzata nella consulenza in ambito Ict e ingegneristico, tra tre anni in Italia rimarranno scoperte circa 135mila posizioni nel settore dell’information and communcations technology, facendo del nostro Paese uno di quelli più in difficoltà nello scenario europeo. Colpa, appunto, del divario ancora forte tra la domanda (da parte delle imprese) di figure con alte competenze digitali e tecnologiche e l’offerta di professionisti in possesso di queste skills.
Conferma in pieno questo scenario la ricerca condotta da University2Business (società del Gruppo Digital360) in collaborazione con Enel Foundation, che si è basata su tre indagini parallele: le interviste a oltre 2mila studenti rappresentativi della popolazione universitaria italiana, l’analisi dell’offerta formativa dei principali Atenei presenti in Italia e la survey condotta su 251 HR manager delle principali imprese operanti nel nostro Paese. Obiettivo della ricerca, capire quanto sono diffuse le competenze digitali e le conoscenze imprenditoriali degli studenti, a che punto è l’offerta formativa delle principali università sui temi delle trasformazioni digitali e, infine, come la pensano i direttori del personale in fatto di digital soft skill e di capacità di management dei talenti del futuro.
I risultati sono stati tutt’altro che incoraggianti. Solo il 30% degli studenti esaminati ha confermato di avere conoscenze teoriche avanzate sul digitale applicato al business (mobile advertising, cloud, fatturazione elettronica e Big Data) e appena il 16% ha assicurato di saper sviluppare software (il 29% sta imparando a farlo). D’altra parte ben il 60% degli universitari non ha mai sentito nominare alcuni dei principali fenomeni dell’innovazione – come blockchain, Internet of Things e anche Industry 4.0 – e solo uno su cinque (il 21,5%) vanta un’esperienza concreta nella gestione di progetti relativi a blog, social network o siti di e-commerce. É interessante, allora, che la ricerca abbia analizzato anche l’offerta delle principali università italiane, per capire se all’origine della scarsa affezione degli studenti verso l’innovazione digitale e il business ci sia una pecca nel sistema formativo. La ricerca ha riscontrato complessivamente 2.140 corsi dedicati a questi temi (su 4.200 corsi di laurea di 556 facoltà). Quelli a indirizzo digitale sono diffusi in larga parte nelle facoltà informatiche e scarsi in quelle scientifiche, mentre i programmi di studio a indirizzo “imprenditoriale” sono ben presenti nelle facoltà economiche ma rari in quelle scientifiche e informatiche.
Se dal lato della formazione la situazione è questa, il dato più interessante è quello che si riscontra sul lato opposto, cioè quello delle imprese e della ricerca di personale. Il 74% degli HR manager intervistati ha dichiarato che il possesso di una o più competenze digitali nella scelta di un neolaureato è molto importante o fondamentale; parallelamente tre responsabili delle risorse umane su quattro (il 76% degli intervistati) hanno sottolineato quanto sia difficile individuare laureati con competenze digitali adeguate.
C’è, dunque, un buco di competenze da colmare per evitare che le lacune degli studenti in questo settore ne ritardino o ne impediscano l’ingresso nel mondo del lavoro. Ma anche le imprese devono fare la loro parte. Non passa inosservato il fatto che siano ancora poche quelle che investono nello sviluppo di competenze digitali (il 38% del totale) e imprenditoriali (il 28%) dei propri dipendenti e che soltanto un HR manager su quattro abbia effettuato una verifica delle skills presenti in azienda.