Come si muove il mercato del lavoro: nuovi contratti, licenziamenti e gender gap
Secondo l’ultima Nota sul mercato del lavoro redatta congiuntamente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Banca d’Italia e Anpal, il 2021 si è chiuso sotto il segno più. Prosegue il recupero dell’occupazione dipendente, rafforzata nel secondo semestre dalla crescita delle assunzioni a tempo indeterminato, mentre i licenziamenti si attestano su livelli modesti, riflettendo verosimilmente esuberi già previsti nei mesi precedenti. Non sono ancora riassorbiti i divari di genere, soprattutto a causa della minore domanda di lavoro di tipo permanente: le donne incidono solo per un terzo sul saldo delle posizioni a tempo indeterminato, nonostante rappresentino circa il 42 per cento della forza lavoro.
La buona notizia è che prosegue il recupero dell’occupazione dipendente: alla fine del 2021 si è rafforzata la crescita delle assunzioni a tempo indeterminato. A crescere è soprattutto il settore delle costruzioni, mentre nel turismo il recupero è ancora incompleto. Dal punto di vista del gender gap, però, non si sono ancora riassorbiti i divari già presenti, alimentati anche dalla pandemia. Le assunzioni a tempo indeterminato sospingono l’occupazione del Centro Nord ma non al Sud e nelle Isole.
È quanto emerge dall’ultima Nota congiunta redatta da Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Banca d’Italia e, per la prima volta, anche da Anpal, che collaborerà regolarmente alla pubblicazione.
Nel 2021 l’andamento delle posizioni di lavoro alle dipendenze si è rafforzato: da giugno il numero di contratti attivati è tornato sui livelli prevalenti prima dello scoppio della pandemia e, negli ultimi mesi dell’anno, ha quasi raggiunto il sentiero di crescita che si sarebbe registrato se l’evoluzione della domanda di lavoro si fosse mantenuta, anche durante l’emergenza sanitaria, sugli stessi ritmi del periodo 2018-19. Nel complesso nel 2020-21 sono stati infatti attivati, al netto delle cessazioni, circa 560.000 nuovi posti di lavoro alle dipendenze, rispetto ai 605.000 del biennio precedente. La dinamica beneficia tuttavia del basso numero di cessazioni, ancora contenuto dal ricorso diffuso agli strumenti emergenziali di integrazione salariale, di cui è previsto il graduale superamento nel 2022.
Alla fine dell’anno si è rafforzata la crescita delle assunzioni a tempo indeterminato. La creazione di posti di lavoro è stata sostenuta però soprattutto dai contratti a tempo determinato (365.000 su circa 597.000 posti di lavoro).
I licenziamenti sono invece rimasti su livelli mediamente modesti (27.000 contratti cessati ogni mese con questa causale, nella media del 2021, circa il 40 per cento in meno rispetto al 2019); gli incrementi registrati nei mesi immediatamente successivi alla rimozione del blocco dei licenziamenti (30 giugno per l’industria, ad eccezione del comparto tessile e dell’abbigliamento; 31 ottobre per tutti gli altri comparti) hanno secondo il Ministero natura temporanea, e verosimilmente riflettono esuberi già previsti nei mesi precedenti.
Tuttavia non risultano ancora riassorbiti i divari di genere alimentati dalla pandemia. La ripresa del 2021 ha favorito l’occupazione maschile, tornata sul sentiero di crescita del 2018-19; rimangono ancora ampi i margini di recupero per quella femminile – in Italia ancora penalizzata anche da un elevato gender pay gap – il cui andamento mostrava segnali di relativa debolezza già prima dell’emergenza sanitaria. Le lavoratrici continuano a essere penalizzate da una minore domanda di lavoro di tipo permanente: nonostante rappresentino circa il 42 per cento della forza lavoro, incidono solo per un terzo sul saldo delle posizioni a tempo indeterminato.
Guardando al dato regionale, le assunzioni a tempo indeterminato sospingono l’occupazione del Centro Nord, anche se non sono ancora completamente recuperati gli andamenti, sostenuti, del 2018-2019. Il Mezzogiorno ha risentito in misura più limitata dell’emergenza sanitaria: nella media del periodo 2020-21, il Sud e le Isole hanno registrato tassi di crescita superiori a quelli, molto contenuti, del biennio precedente. Il miglioramento riflette però esclusivamente il calo delle cessazioni determinato dalle misure governative (blocco dei licenziamenti, estensione degli strumenti di integrazione salariale), che hanno prolungato la durata effettiva dei contratti, generalmente inferiore in queste aree. Le assunzioni a tempo indeterminato continuano a crescere più lentamente rispetto al Centro Nord.