Come affrontare il whistleblowing in azienda: l’editoriale di Gabriele Fava
Lo scorso 15 novembre 2017, la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il Disegno di Legge che introduce nell’ordinamento italiano alcune disposizioni di tutela per gli autori di segnalazione di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato il così detto whistleblowing
Lo scorso 15 novembre 2017, la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il Disegno di Legge che introduce nell’ordinamento italiano alcune disposizioni di tutela per gli autori di segnalazione di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato il così detto whistleblowing.
Ciò costituisce un ulteriore passo in avanti nell’implementazione di strumenti di contrasto alla commissione di illeciti, in generale, e della corruzione in particolare. La nuova Legge, oltre che integrare l’attuale disciplina prevista dalla legge Severino per quanto riguarda i dipendenti pubblici, amplia la tutela del whistleblower nel settore privato inserendo specifici obblighi a carico delle società nei modelli organizzativi, di gestione e controllo ex D.Lgs. n. 231/2001.
La novità nel settore privato sul whistleblowing
Nel settore privato le Società, che adottano i modelli ex D.lgs. n. 231/2001, dovranno prevedere uno o più canali che consentano ai soggetti subordinati ed apicali di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate e fondate su elementi di fatto precisi, di condotte illecite o di violazioni del modello organizzativo di cui gli stessi siano venuti a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni.
Le società inoltre dovranno dotarsi di almeno un canale alternativo di segnalazione con modalità informatiche. Tali canali dovranno garantire la riservatezza dell’identità del soggetto segnalante.
Viene chiaramente stabilito il divieto di atti di ritorsione o discriminatori (quali ad esempio mutamento di mansioni, licenziamento ecc.) nei confronti del soggetto segnalante per motivi collegati direttamente ed indirettamente alla segnalazione, con conseguente nullità degli stessi.
Con specifico riferimento a quest’ultimo aspetto, viene posto in capo al datore di lavoro l’onere di provare che la misura adottata non sia connessa alla segnalazione ricevuta dal segnalante. In tali casi , il datore di lavoro dovrà, altresì, essere in grado di dimostrare in maniera stringente, in occasione di un eventuale giudizio, la sussistenza di ragioni aziendali oggettive e specifiche che hanno comportato l’adozione del provvedimento nei confronti del soggetto segnalante. Quest’ultima previsione, indubbiamente, se da un lato consente di tutelare attivamente il c.d. whistleblower, dall’altro, rischia di trasferire in capo ai datori di lavoro l’onere di integrare una c.d. probatio diabolica, per definizione difficilmente integrabile.
Da ultimo, il provvedimento sul whistleblowing prevede apposite sanzioni nei confronti di chi violi le misure poste a tutela del segnalante nonché nei confronti di chi ponga in essere, con dolo o colpa grave, segnalazioni che si rilevino infondate.
Conclusioni
Alla luce della nuova normativa, quindi, sarà necessario che venga efficacemente garantito un equo bilanciamento tra gli interessi in gioco: esigenze meritevoli del soggetto segnalante ed esigenze di repressione dell’uso strumentale e scorretto delle segnalazioni.
A tal proposito, il rischio di un uso scorretto delle segnalazioni, dovrebbe essere quantomeno limitato dall’apparato sanzionatorio previsto per le segnalazioni che risultino infondate a causa della sussistenza del dolo o della colpa grave in capo al soggetto segnalante.
La nuova normativa sul whistleblowing rappresenta di certo un intervento potenzialmente idoneo a tutelare i lavoratori che vengono a conoscenza della commissione di reati o di irregolarità nell’esercizio delle loro funzioni. Ma dal punto di vista operativo sarà, tuttavia, fondamentale garantire da un lato, l’effettivo anonimato del soggetto segnalante e, dall’altro, vigilare affinché non vengano commessi abusi e o strumentalizzazioni delle segnalazioni anonime.