Chi tutela il lavoro occasionale
Il Libretto di famiglia e il Contratto di prestazione occasionale hanno sostituito i voucher. Ma quali tutele offrono al lavoratore questi strumenti?
Traslocatori, colf, baby sitter, badanti, steward agli eventi: sono quasi 600 mila, secondo i dati dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, gli italiani che nel 2017 hanno svolto un’attività lavorativa “occasionale”, per meno di 10 ore alla settimana. Sono quei lavoratori che fino a marzo dello scorso anno venivano pagati attraverso i cosiddetti “voucher”, i buoni lavoro nati con lo scopo di contrastare il lavoro nero e di tutelare le categorie più deboli del mercato del lavoro, ma il cui abuso, nel tempo, ha avuto l’effetto contrario. L’uso irregolare dei voucher, per esempio per inquadrare come occasionali lavori che non lo erano affatto (come nel caso dei contratti stagionali nel settore turistico), ha spinto i sindacati a contestare questo strumento e a richiederne la modifica o addirittura l’abolizione. È stato proprio per scongiurare il referendum promosso dalla Cgil per abolirli, che il Governo Gentiloni ha emanato un decreto legge (n.25 del 2017) che ha cancellato definitivamente questa disciplina di lavoro accessorio.
A sostituire i voucher, nel luglio del 2017, sono arrivati il Libretto di famiglia (Lf) – quando il datore di lavoro è una persona fisica – e il Contratto di prestazione occasionale (Cpo), utilizzabile dalle imprese. Due strumenti nati proprio dall’esigenza di limitare gli abusi verificatasi in passato.
Ecco le regole che li disciplinano.
Il Libretto di famiglia può essere usato da chi non esercita attività professionale o d’impresa e dunque per i lavori domestici, inclusi quelli di giardinaggio, di pulizia o di manutenzione; per l’assistenza domiciliare ai bambini o a persone anziane o con disabilità; per l’insegnamento privato. Il Contratto di prestazione occasionale riguarda invece i professionisti, i lavoratori autonomi, gli imprenditori, le associazioni, le fondazioni, oltre che le imprese nel settore agricolo e le pubbliche amministrazioni.
Non possono, invece, ricorrere a queste due tipologie di contratti i datori di lavoro che, entro i 6 mesi precedenti la prestazione, abbiano avuto un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa con il lavoratore e i datori di lavoro con più di cinque assunti con contratto a tempo indeterminato. Sono escluse anche le imprese che operano nei settori dell’edilizia e affini.
Per quanto riguarda i diritti del lavoratore, la nuova disciplina prevede un riposo giornaliero, pause e riposi settimanali, un’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e l’iscrizione alla gestione previdenziale separata. Inoltre, ciascun lavoratore può ricevere un compenso massimo annuale di 5.000 euro dalla totalità dei datori di lavoro, mentre il limite è di 2.500 per un solo datore di lavoro. Stessa cosa vale al contrario: ciascun datore di lavoro, con riferimento alla totalità dei lavoratori, può raggiungere un importo complessivo non superiore ai 5.000 euro. Limiti ci sono anche per la durata della prestazione che in un anno (calcolato dal 1 gennaio al 31 dicembre) non può superare le 280 ore complessive. Infine per utilizzare questi “nuovi voucher” sia il datore di lavoro che il lavoratore devono registrarsi presso la piattaforma digitale dell’Inps.
Tornando ai numeri della Cgia di Mestre, la cifra di 592 mila addetti è sottostimata per ammissione dello stesso segretario degli artigiani Renato Mason: “Sappiamo benissimo che questo settore presenta delle zone d’ombra molto estese, dove il sommerso la fa da padrone. Tuttavia, è interessante notare che queste occupazioni regolari sono ad appannaggio soprattutto di donne e pensionati e servono ad arrotondare le magre entrate familiari, soprattutto al Sud”. Dalla ricognizione della Cgia emerge, infatti, che tra le persone impiegate in lavori saltuari, due su tre sono donne, occupate principalmente nei servizi alla persona, come domestiche, baby-sitter, badanti, o al servizio di attività legate alla cura della persona (parrucchiere, estetiste, centri benessere). Se si guarda invece all’età, l’incidenza degli occupati “occasionali” raggiunge il picco tra gli over 65 (6,9%) e a seguire tra i giovani tra i 15 e i 24 anni (4,7%).