Ceo e paternità, quando l’essere padre insegna a essere un bravo capo
Riccarda Zezza, Ad di Life based value ed esperta dei temi legati alla genitorialità e al gender gap, ha invitato sette Ceo a confrontarsi su come le dinamiche genitoriali aiutino a costruire un nuovo modello di leadership efficace, empatico e vincente
Essere papà e Ceo di un’azienda: due mondi che sembrano distanti, ma che invece si compenetrano e possono influenzarsi l’uno con l’altro. Riccarda Zezza – Ceo dell’azienda hr-tech Life based value e co-autrice del libro “MAAM La maternità è un Master che rende più forti uomini e donne” – ha pensato di chiedere cosa ne pensano a sette opinion leader, uomini e papà, per farli riflettere sul loro doppio ruolo di genitori e capi di azienda, spingendoli a restituire la propria esperienza. Così è nato Mio papà fa il Ceo… in questi giorni da casa con me!, il webinar organizzato da Life based value e ospitato da Il Sole 24 ore, al quale giovedì 19 marzo hanno partecipato centinaia di utenti, che si sono iscritti alla piattaforma per ascoltare cosa sarebbe venuto da fuori da questo insolito momento formativo (qui il video integrale). Del resto da Riccarda Zezza ce lo si poteva aspettare: è una donna manager che ha vissuto sulla propria pelle l’essere messa da parte dopo l’arrivo del primo figlio, ma non si è persa d’animo e, anzi, ha creato – reinventando anche se stessa – un metodo di formazione chiamato “apprendimento basato sulla vita”, utile a ragionare sulle cosiddette soft-skill partendo dall’assunto che l’esperienza di vita può aiutare il lavoro e viceversa. libro “Si parla sempre di più di un nuovo modello di leadership: responsabile, empatica e in grado di far crescere gli altri – chiarisce Zezza – Laddove è molto difficile apprendere queste capacità a tavolino, diventano invece immediatamente visibili e disponibili se le si cerca nelle relazioni familiari: essere padre è chiaramente una palestra per il modello di leadership che serve oggi alle nostre aziende”.
Sviluppo del capitale umano e gender equality sono i pilastri del lavoro di Life based value, che collabora con Promundo, leader attiva dal 1997 in 55 paesi nel sostegno della gender equality, e Valore D, la prima associazione di oltre 210 imprese in Italia per l’equilibrio di genere e l’inclusività.
Il confronto
Ed è così che, partendo dall’idea che la genitorialità sia un’esperienza da usare anche in un contesto lavorativo, i sette Ceo-papà hanno guardato a fondo dentro i propri doppi ruoli, dando esempio concreto che un nuovo modo di essere manager è possibile. Una riflessione che risulta ancora più concreta visto il periodo che il Paese sta vivendo, in cui intere famiglie si trovano a casa a lavorare e studiare insieme, a causa dell’emergenza Coronavirus.
Giuseppe Cerbone, Ceo de ll Sole 24 Ore, Riccardo Berberis, Ceo di Manpower, Carlo Carollo, VP Samsung, Marco Piuri, Ceo Trenord, Armando Ponzini, Ceo Cargeas, Emiliano Rantucci, Ceo Avanade, Matteo Sarzana, General Manager Deliveroo, sono i sette interlocutori che, insieme a Zezza, rappresentano “otto adulti e 19 bambini/ragazzi”.
Responsabilità e paternità
Il binomio responsabilità-paternità è il primo a emergere dalle esperienze: due concetti che vanno di pari passo, perché lo si deve essere da genitori, così come “si deve dimostrare responsabilità quando si è leader nei confronti delle generazioni future, perché ciò che si fa oggi resti domani”, sottolinea Cerbone de Il Sole 24 Ore, mentre ricorda che, così come il clima deve essere armonico nelle famiglie, sempre di più oggi deve esserlo anche nelle aziende. “Siamo pagati per decidere, è vero, ma dobbiamo fare in modo che i nostri colleghi partecipino alle decisioni”: e se ci vuole tempo perché accada, bisogna sapere e credere che questo atteggiamento costituirà anche “un valore economico e finanziario”.
Responsabilità, infatti, è “come ci pone davanti alle cose che succedono”, a casa coi figli e in azienda, aggiunge Piuri, Ceo di Trenord, che mette anche a fuoco un altro aspetto, appreso dalla vita familiare: “Si ha spesso la tendenza, da leader, a voler avere tutto sotto controllo, ma non può essere così: io credo sempre più, invece, che non ci si debba mai prendere troppo sul serio, perché il principio di causa-effetto non funziona né coi figli, né al lavoro”. Piuri ricorda le parole di un suo educatore, convinto dell’importanza di fare le cose in maniera responsabile, ma sapendo al contempo che l’esito non dipenderà da noi. Sempre, semmai, coinvolgendo le persone: “Se i collaboratori salgono a bordo e sono stimolati a esprimersi, arrivano soluzioni che non si potevano immaginare”, un po’ come con i figli, quando li si invita a ragionare su un aspetto, non forzandoli, ma cercando di arrivare insieme a un obiettivo.
Di certo, “La paternità è una costante ricerca di confronto, fondamentale anche in azienda”, suggerisce Barberis, che ricorda anche quanto sia importate la fiducia: “Non bisogna dimenticarlo mai, perché i colleghi e i dipendenti possono essere smarriti, tanto quanto noi e i nostri figli a casa”.
È evidente per tutti gli invitati al confronto che la presenza forzata a casa, in famiglia, abbia portato maggiormente a riflettere su temi come quelli emersi durante la mattinata di seminario. Perché fermarsi fa tornare un po’ ai fondamentali e a quel concetto di resilienza che non ha a che fare con la resistenza, “ma con la modalità con cui si è in grado di ricaricarsi”, sottolinea Zezza.
L’importanza dell’empatia e dell’approccio diversificato
Tutti gli interventi, in un modo o nell’altro, hanno fatto emergere l’importanza di essere consapevoli che – in quanto capi – si ha a che fare con molte persone, ognuna delle quali necessita di un approccio diverso, come avviene con i figli. Così come è fondamentale semplificare.
Carollo, Vp di Samsung, lo dice bene: “Con i figli lo sforzo più grande è quello di semplificare per decodificare realtà. E celebrare successi e insuccessi, perché da entrambi si può imparare qualcosa”. Il modello di leadership classico, della persona che da sola prende le decisioni, per Carollo non funziona e, al contrario, “applicare un modello duale come quello della genitorialità, dove il confronto è continuo, può essere efficace per l’azienda, perché due sensibilità diverse su un business possono dare risultati”.
Con Ponzini, Ceo di Cargeas, emerge anche il concetto di amore: “Con i bambini ti accorgi che l’amore funziona più della competizione: se un bambino si tuffa in piscina per mostrarti cosa è capace di fare e tu reagisci come se avesse fatto le Olimpiadi, invece di fargli notare che poteva tuffarsi meglio, ti accorgi che hai più risultati”, spiega. “Il concetto dell’asticella sempre più alta – applicato a lungo – non funziona col tempo: gli obiettivi devono essere raggiungibili e raggiunti”. Lo stesso vale per il feedback: “Sono uno che ha ferito le persone, in passato, senza volere; ora quando parlo con gli altri, in azienda, li osservo con occhi diversi, cerco di guardarli come se guardassi i miei figli e chiedo più spesso scusa”.
Insomma, la genitorialità insegna a usare la creatività ed è una palestra di competenze e di esercizio di pensiero laterale, secondo Rantucci, Ceo di Avanade: si tratta di strumenti fondamentali sia a casa che in azienda. “Non esiste palestra migliore per pensiero laterale che quella familiare. Come per il pensiero emotivo, che nessun seminario può insegnare come invece insegna avere dei figli”.
E c’è una bella differenza tra “imporre una decisione – aggiunge anche Sarzana, general manager di Deliveroo – e utilizzare il pensiero laterale. Occorre esercitare la capacità di negoziare, che l’avere un figlio insegna, e dire anche molti sì, non solo dei no”.
Quindi, conclude Zezza, “possiamo cominciare a mettere sotto gli occhi del nostro governo che essere padri è una palestra di competenze, che migliora le nostre condizioni professionali. Abbiamo bisogno di spingere la società italiana in questa direzione”.