Benetton Group: fiducia e innovazione per il rilancio post-pandemia
Rinnovato l’integrativo per gli oltre 1.200 dipendenti del gruppo Benetton: flessibilità, worklife balance, formazione, part time esteso fino al 20% della forza lavoro, riconoscimento delle competenze per gli operai di logistica. Il futuro del settore tessile va dallo sviluppo delle nuove competenze richieste al consolidamento dell’e-commerce.
Un contratto integrativo, valido nel triennio 2021-2023, all’insegna della fiducia e dell’innovazione, con l’obiettivo della piena ripartenza post-pandemica e del raggiungimento del pareggio di bilancio dopo il lockdown. Per Paolo Vasques, Direttore delle Relazioni Industriali del gruppo Benetton, la necessità è arrivare a un vero lavoro agile, dopo il periodo emergenziale e «l’ufficio in futuro sarà soltanto uno dei diversi, possibili luoghi di lavoro».
Vasques, quali sono i punti principali dell’integrativo?
«Gli interventi più significativi nascono dalla volontà di favorire la flessibilità e la conciliazione tra i tempi di vita e quelli di lavoro, grande spazio alla formazione e al reskilling; in più abbiamo previsto la costituzione di cinque commissioni paritetiche su welfare, formazione, inquadramento professionale, causali contrattuali dei rapporti di lavori temporanei, diversità e inclusione. Un progetto dove le RSU sono parte attiva dei processi di trasformazione dell’azienda. Ricordo che abbiamo realizzato questo integrativo in un contesto molto complesso, in un settore, il tessile, fortemente colpito dalla pandemia. Abbiamo dovuto lavorare di fantasia, che per chi si occupa di risorse umane è un fattore fondamentale, altrimenti ci si ferma alle prime difficoltà. Siamo riusciti anche ad aumentare progressivamente l’importo del premio di risultato, ma nell’integrativo non c’è solo l’aspetto economico. E poi non dimentichiamo lo scenario».
Qual è il contesto in cui avete discusso l’integrativo?
«Il settore tessile, con un calo del 25%, è stato tra i più colpiti dalla pandemia, dopo il commercio e i servizi. Il confronto sull’integrativo si è sviluppato proprio in questo periodo, con la cassa integrazione e i negozi chiusi a causa del sistema a colori regionale della seconda ondata. Senza turisti, poi, è venuta a mancare una parte tradizionale di acquirenti, che però lentamente sta tornando perché il made in Italy è ancora vincente. Sul versante delle vendite, l’e-commerce nella fase pandemica ha svolto una funzione molto importante. Di certo non si può parlare allo stesso modo dell’esperienza avuta con lo smart working, dal momento che in realtà si è trattato di una sorta di “telelavoro emergenziale”. Partendo da quest’esperienza e dalle sue criticità, è quindi nata la voglia e l’esigenza, per l’azienda e il sindacato, di dare un segnale di speranza, positività e fiducia nel futuro».
La digitalizzazione e lo smart working saranno sempre più importanti?
«Ora che l’emergenza sembra regredire volevamo rendere il lavoro davvero “agile”, dandoci l’obiettivo di regolamentare con buonsenso e concretezza organizzativa il fenomeno. L’ufficio fisso, per certe figure, potrà anche non esserci più, diventando uno dei tanti possibili luoghi di lavoro, magari ipotizzando in futuro spazi di coworking. Quel che conta per l’azienda è la sicurezza, mentre l’elemento centrale è la fiducia. L’idea è che non ci sia il classico controllo, ma che siano declinati obiettivi chiari, oggettivi e misurabili che devono essere raggiunti. Il ruolo del manager è avere fiducia e mettere i propri collaboratori nelle condizioni migliori per operare e quindi raggiungere gli obiettivi assegnati, ed è chiaro che non bisogna tradire questa fiducia: se ci sono dei problemi bisogna parlarne e affrontarli. In questo scenario di grandi trasformazioni il negozio fisico andrà sempre più a coesistere con la vendita on-line e con la multicanalità».
Questo approccio basato sulla fiducia è accettato da tutti?
«Fisiologicamente alcuni capi, abituati alla tradizione del vedere sempre in presenza le proprie risorse, a volte faticano un po’ ad accettare questo nuovo modello ibrido di lavoro. Non sarà facile, ma dopo oltre un anno e mezzo di rodaggio in modo non strutturato – in quanto dettato dalla pandemia – abbiamo capito che si può fare. I digital, ad esempio, che gestiscono i contenuti dello store online, possono lavorare con i loro tempi e di fatto non sono vincolati alla presenza in ufficio. Diverso è invece il caso dell’operaio della logistica, che dovrà ancora operare necessariamente in presenza».
Ci sono elementi nell’integrativo anche per questi lavoratori?
«Si, c’è anche un riconoscimento di competenze, con elementi che vanno oltre il contratto collettivo nazionale di categoria, come l’equiparazione dei tre giorni di malattia, prima destinato solo agli impiegati e ai quadri e ora esteso anche agli operai, e il passaggio dal secondo al terzo livello per anzianità per gli operai del centro imballo. Il pareggio di bilancio, che resta l’obiettivo per il 2023, è una scommessa che abbiamo fatto sulla base del principio “dobbiamo farcela tutti insieme”».
Con i sindacati come è andata?
«Molto bene, l’azienda negli anni ha sviluppato ottime relazioni industriali e questo integrativo ne è una ulteriore conferma. Si è creata una situazione win-win anche per i sindacati, che si sono messi in gioco. Non sono state tutte rose e fiori, perché ci siamo confrontati sempre in maniera franca ma con spirito costruttivo. L’obiettivo del resto era comune: tentare in questo triennio un cambiamento non traumatico, ma ragionato e condiviso. Il risultato ci soddisfa. Ora questo contratto integrativo avrà un peso anche a livello nazionale, un’indicazione di stimolo e fiducia per tutto il settore, e proprio perché è rivolto a tutte le colleghe e colleghi del Gruppo, verrà distribuito individualmente in formato booklet ».
Qual è lo scopo di questa iniziativa?
«Informare le nostre persone sulle misure che abbiamo adottato per loro, fornendo anche numeri di telefono e indirizzi mail per avere ulteriori informazioni e chiarimenti. Già nell’integrativo abbiamo scelto con le Organizzazioni Sindacali e le RSU di utilizzare un linguaggio semplice e immediato, riducendo quanto più possibile i termini tecnici affinché la lettura possa essere immediatamente comprensibile e non rimanere un documento ad uso esclusivo degli addetti ai lavori».