Auticon, l’azienda di consulenza informatica che impiega persone autistiche
Una ricerca dell’Università europea di Roma studia un modello aziendale i cui concetti chiave sono conoscenza e cultura, accoglienza e inclusione.
Come impiegare persone che rientrano nello spettro autistico in mansioni che possano valorizzarne al meglio le capacità? È il tema a cui ha lavorato una ricerca dell’Università europea di Roma, che ha approfondito il cosiddetto modello Auticon: un insieme di “buone prassi sulla piena inclusione delle diversità in azienda, nell’ottica della valorizzazione del singolo e della ricerca del profitto e dell’eccellenza”, per usare le parole di Marco Pronello, autore dello studio L’autismo non è un errore di sistema, è un altro sistema operativo.
Auticon è un gruppo internazionale, con sedi in molti paesi, il cui oggetto sociale è l’offerta di consulenze informatiche di elevata professionalità a grandi aziende a livello mondiale: per fare ciò si avvale di consulenti che sono esclusivamente persone Asperger. Il gruppo nasce formalmente nel 2011 in Germania; dal 2013 è operativo sul mercato e propone un nuovo modello sull’inclusione lavorativa di persone autistiche. Nel 2016 si comincia a pensare a un’espansione internazionale, con l’apertura di due uffici a Londra e Parigi, per vedere se il modello può funzionare anche in altri paesi. Dal 2016 al 2018 il Gruppo cresce, così gli investitori decidono di portare il modello in giro per il mondo: viene quindi aperto l’ufficio svizzero e poi, formalmente a fine del 2018 e di fatto il primo febbraio del 2019, la società nasce anche in Italia.
In quel lasso di tempo, Marco Pronello si confronta con l’azienda e anche con i processi di recruiting: la fonte di maggiore stress per le persone nello spettro autistico, infatti, è sostenere prove di selezione in cui si sentono “in balia della sovrapposizione di stimoli tra cui il cervello non riesce a scegliere dove focalizzarsi”.
Ancora oggi succede – nelle aziende come fuori da esse – di incontrare una certa difficoltà ad accettare persone di questo tipo, forse perché – sottolinea Pronello – “un mondo diverso crea paura e diffidenza”. Tuttavia – aggiunge l’autore – “penso che conoscere il mondo Asperger, comprendere il modo di percepire e di funzionare di queste persone, voglia dire capire un po’ più profondamente l’intero genere umano”.
Certamente, il modello di un’azienda di piccole dimensioni come Auticon non può essere applicato di default a grandi aziende, che indubbiamente sono caratterizzate da una complessità diversa, anche dal punto di vista della gestione delle risorse umane. Ma, d’altro canto, è anche vero che la realtà più ampia e variegata può permettere anche l’inclusione di un altrettanto variegata tipologia di esseri umani.
Difficile per Pronello poter affermare con certezza quale sia la strada giusta: “Il fatto certo è che la grandezza di un’azienda e la quantità di personale impiegata sono direttamente proporzionali da un lato alla massificazione degli individui e alla creazione di un pensiero comune, spesso imposto dall’alto, mal compreso dai lavoratori e fatto passare come cultura aziendale, e dall’altro lato agli obblighi e ai vincoli giuridici che quell’impresa dovrà rispettare in tema, per esempio, di assunzione di certe categorie di persone o di adeguamento dei locali e delle procedure a standard di accessibilità codificati”. Sarebbe però un errore ritenere la semplice applicazione di norme precostituite sufficiente per la costruzione di un mercato del lavoro davvero inclusivo. L’inclusività passa in primo luogo dalla comprensione, e quindi dalla conoscenza, della diversità. Una diversità non intesa come alternativa a ciò che viene considerato ‘normale, ma come portatrice di abilità, intelligenze e prospettive nuove. In parole povere, un arricchimento. Come afferma Pronello “c’è bisogno di formazione e di sensibilizzazione sulle diversità e sulla loro gestione e questa dev’essere portata avanti da persone qualificate e preparate”. Un obiettivo da porsi, valido non solo in relazione alla cultura aziendale ma anche a quella sociale.