Algoritmi e intelligenza artificiale per selezionare profili c-level, ecco come EXS trova il candidato ideale

Com’è possibile rendere la selezione del personale più efficiente? Una risposta a questa domanda arriva dall’intelligenza artificiale che – se sfruttata con la regia di professionisti esperti nella ricerca e nella selezione di nuovi talenti – può essere un eccellente strumento per agevolare il processo di recruiting. Non solo per l’individuazione di short list di candidati, ma anche per la selezione di executive il cui profilo comportamentale rappresenti un fit perfetto per l’azienda. Ne abbiamo parlato con Pasquale Natella, AD di EXS Italia.

pasquale natella

È un percorso fatto di step e di un lungo lavoro di analisi, quello che EXS Italia mette in campo per il recruiting di profili c-level. Ma che “paga”, in termini valoriali e di risultati. Il mix tra uso dell’algoritmo, intelligenza artificiale e lavoro umano crea un’eccellenza in questo campo. Pasquale Natella, AD di EXS Italia, spiega come l’AI serva alla selezione.

Dottor Natella, da cosa si parte?

«Da un algoritmo sottostante all’intelligenza artificiale che abbiamo costruito con l’università Sapienza. Vengono somministrate una quarantina di domande al cliente – ovvero al direttore generale o al direttore della divisione HR – per comprendere la cultura organizzativa e le particolari necessità dell’azienda . Si valutano quindi il mercato di riferimento e il contesto competitivo e si analizzano elementi culturali quali i valori promossi e lo stile di gestione, e parametri strutturali come il numero di dipendenti, il fatturato e la presenza geografica. Dopodiché ci si concentra sulla parte interna: come l’azienda è organizzata da un punto di vista di struttura, quali sono i percorsi di carriera, quali e quanti gli investimenti in termini di innovazione. Insomma, si parte dal mercato per arrivare al dettaglio e, in funzione delle risposte, si costruisce un profilo ideale del candidato, sulla base di tre macro-dimensioni: quella tecnica, quella attitudinale e quella manageriale. A questo punto, sapendo esattamente cosa cercare, si passa alla ricerca dei candidati: in questo caso è una persona che individua il mercato di riferimento cercando di capire dove può trovare i profili che occorrono per competenze, idee, attitudini e cultura aziendale. Una volta trovati i candidati, la stessa persona fa la preselezione per verificare se sono presenti, in questo mapping, quelli che fittano con il progetto».

Come si struttura questa parte?

«Per noi il lato tecnico è declinabile in un massimo di otto dimensioni che possono essere individuate in quattro expertise e quattro activities. Il sistema manda avanti i candidati che hanno almeno il 75% dei requisiti ideali; poi in maniera automatica invia una mail alle persone individuate con il link ad un test on line (Personal DNA test) che valuta 4 dimensioni della personalità (tratti di personalità, self efficacy, driver motivazionali e valori). Questi elementi vengono sovrapposti e il “meglio” corrisponde ad una “distanza standard” dall’ideale, non ad un punteggio maggiore: è decisiva, insomma, una maggiore coincidenza con i valori prioritari dell’azienda».

Poi cosa succede?

«Chiamiamo il candidato che già possiede in questa fase un fitting superiore al 60%, alla video intervista. Grazie al supporto di neuroscienziati, abbiamo cercato di analizzare i bias e gli errori che anche noi intervistatori commettiamo durante un incontro conoscitivo. L’obiettivo è di oggettivizzare il più possibile la valutazione. Una prima intelligenza artificiale analizza le micro-espressioni facciali ed elabora le emozioni che sta provando il candidato; una seconda, estrapolati 5/6 minuti della video intervista, attraverso l’analisi del testo e del tono della voce nelle risposte del candidato, fornisce una valutazione “terza” dei tratti di personalità, come fosse uno psicologo. In seguito, confrontiamo questa valutazione con quella che il candidato ha fatto di sé nel Personal DNA Test».

La videoregistrazione genera ansia?

«La telecamera è posizionata dietro l’intervistatore e non si muove; è stato osservato che dopo i primi tre minuti, l’attenzione cade e ci si dimentica che ci sia. Occorre specificare che la telecamera in realtà non “dice” esattamente tutte le emozioni che osserva, ma segnala solo quando si sorpassano determinate soglie sulle quali è stata settata la macchina. Se il candidato sta parlando di un determinato progetto che ha gestito e mentre lo racconta, il sistema rileva una sequenza di micro espressione riconducibile all’emozione della rabbia, in realtà è probabile che  quella reazione sia un segnale che il progetto è stato svolto con una determinazione tale da focalizzare le sue energie. Al contrario, se dall’espressione emerge l’emozione della tristezza, si può dedurre che il progetto realizzato non abbia coinvolto o motivato il candidato, ma che gli abbia piuttosto drenato energia. Più preoccupante è la situazione in cui emerge il disprezzo perché significa che abbiamo  a che fare con emozioni negative, che fanno male, che in qualche modo allontanano la persona dal proprio ambiente lavorativo, dalle persone. In quel caso, cerchiamo di capire se la causa è da ricercare nel contesto o in altri fattori che andiamo a sondare intervistando i collaboratori del candidato (capo e colleghi)».

Sono stati fatti studi in questo senso?

«Sì, abbiamo ad esempio studiato il comportamento delle coppie sposate per capire quali statisticamente avrebbero continuato a stare insieme e quali no. Le coppie che litigano, che si arrabbiano, sono spesso ancora innamorate. Quelle in cui prevale l’emozione del disprezzo, non hanno molte chance di restare unite».

E per ciò che riguarda gli intervistatori?

«Un altro algoritmo studiato con la Sda Bocconi ci ha permesso di abbassare l’errore medio del valutatore. Dunque, attraverso tre livelli di valutazione, cinque algoritmi proprietari e due applicazioni di intelligenza artificiale, riusciamo ad ottenere una valutazione piuttosto oggettiva. Il machine learning poi, tramite la valutazione della performance del candidato nei tre anni successivi all’inserimento in azienda, ci permette di aggiornare l’algoritmo iniziale di costruzione del profilo ideale andando a modificare la pesatura dei comportamenti predittori di performance, valutati nel manager».

L’algoritmo, quindi, impara…

«Esatto. Viene modificato in base alle performance dei candidati. Un po’ come impariamo noi valutatori quando rivediamo le interviste del candidato, per correggere eventuali bias residui».

Siamo tutti esseri umani, intervistati e intervistatori.

«Certamente. Rivedersi, individuare gli errori e modificare i nostri comportamenti di conseguenza, serve ad arrivare il più vicino possibile ad una valutazione oggettiva dei candidati».

Quanto dura tutto il percorso?

«Abbiamo calcolato un tempo-uomo medio per il consulente, di sette/otto ore. L’impegno per il candidato chiaramente è più ridotto, circa tre ore e mezza tra intervista telefonica, test on line e colloquio».

In generale, come reagiscono le persone a questo tipo di selezione, anche considerando che si tratta di profili executive, e quindi forse meno abituati a questo tipo di esposizione?

«Sette/otto anni fa questo metodo avrebbe creato più scompenso; ma devo dire che mi sarei aspettato una resistenza superiore rispetto a ciò che invece è accaduto. Alcune persone ci hanno anche chiesto il trailer, ovvero la registrazione della loro video intervista per potersi rivedere e quindi migliorarsi».

Abbiamo tutti un’immagine di noi stessi forse diversa dalla realtà.

«Normalmente il 20% migliore!».

Come reagiscono tendenzialmente le aziende a questa possibilità?

«Quando raccontiamo come funziona la nostra metodologia, reagiscono positivamente. Quando la provano, sentono un po’ lo sforzo iniziale, ma alla fine, guardando la performance dei nostri candidati rispetto alla media, comprendono quanto sia importante poter contare su valutazioni oggettive e quantitative. È come quando siamo passati dal BlackBerry allo smartphone, all’inizio pensavamo “bello, ma poco funzionale per il lavoro” mentre oggi che abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare le sue potenzialità, non riusciremmo più a tornare indietro».

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