Age management per gestire le risorse senior in azienda

Sono attività sempre più necessarie alle imprese, visto che il numero di lavoratori con più di 55 anni è aumentato notevolmente nell’ultimo decennio. Ci sono diversi strumenti per la gestione della coda di carriera, ma il loro utilizzo è limitato

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Mai avuto a che fare con l’Age Management? È quella branca della gestione delle risorse umane che ha gli strumenti per gestire la coda di carriera. Non cosa da poco, visto che la popolazione lavorativa è sempre più avanti con gli anni. Metti l’invecchiamento della popolazione, metti che si va in pensione sempre più tardi, metti che l’Italia non è un paese per giovani, ed ecco che si registra un generale aumento dell’occupazione nella fascia di età compresa tra i 55 e i 64 anni, passata dal 42,1% del 2004 al 61,7% del 2016 (dato relativo agli occupati di sesso maschile, le donne sono passate dal 19% del 2004 al 39% del 2016). Una tendenza che si registra anche nelle posizioni “alte”: in Italia sono in crescita gli amministratori d’impresa over 70 e in calo i giovani.

L’Age Management è una branca del Diversity Management attraverso la quale si gestiscono o valorizzano i punti di forza dei lavoratori in considerazione della loro età anagrafica.

Oltre alle pratiche aziendali (che possono andare dall’affiancamento giovani-anziani, alla riduzione di orario o alla scelta di mansioni particolari da affidare ai senior, alcune delle quali sono state raccolte in uno studio dell’ex Isfol – ora Inapp), ci sono diversi strumenti di natura legale o contrattuale per gestire gli over in azienda, soprattutto nelle fasi più vicine al pensionamento. Si tratta di strumenti che negli anni non hanno mai riscosso grande successo e consenso tra lavoratori e imprese, eccezion fatta per i prepensionamenti da stati di crisi cui si è fatto ricorso a man bassa nei settori maggiormente colpiti dal negativo andamento del ciclo economico. Non hanno funzionato nemmeno il part time incentivato per i senior: poche le richieste rispetto alle risorse stanziate nel triennio 2016-2018.

La questione però non può essere ignorata perché le imprese si confrontano quotidianamente con l’innalzamento dell’età media dei propri dipendenti e qualche strumento di gestione è necessario. Attualmente sono due i principali strumenti di Age Management: l’Ape aziendale e l’isopensione.

Il primo è un provvedimento snello, frutto di un accordo tra l’impresa e il lavoratore che accede all’Ape (anticipo pensionistico) volontaria: il datore di lavoro versa contributi aggiuntivi, per la durata dell’Ape volontaria. I contributi sono deducibili e l’Ape aziendale è compatibile con il lavoro: di solito è abbinata a un part time. Obiettivo dello strumento è quello di favorire l’uscita dal lavoro verso la pensione, contenendo la riduzione dell’assegno per l’uscita anticipata dal lavoro.

Più complessa è l’isopensione, solo per imprese con più di 15 dipendenti e gestita attraverso un accordo sindacale: insieme viene individuata una platea di persone destinate a uscire in anticipo. L’azienda si impegna a versare loro l’importo della pensione maturata al momento dell’uscita e i contributi come se continuassero a lavorare, che aumenteranno l’assegno previdenziale finale. I lavoratori sono garantiti da una fidejussione, mentre la convenienza per l’azienda sta nel delta tra il costo per il lavoro delle risorse e quello dei percorsi di prepensionamento con l’isopensione.

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