Sesso in ufficio: cosa si rischia?
Il tema delle relazioni “amorose” in ufficio è sempre stato una questione delicata e, in particolare, l’atto sessuale consumato sul posto di lavoro ha sollevato numerosi dibattiti relativamente alle conseguenze che può determinare. Ne parliamo con l’avvocato Sergio Alberto Codella
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“A volte preferisco usare le scale di servizio invece dell’ascensore per raggiungere il mio ufficio al quinto piano, ma mai avrei immaginato di trovarmi davanti a due colleghi avvinghiati in un rapporto sessuale” racconta la direttrice HR di un’azienda manifatturiera di medio-grandi dimensioni, che prosegue: “è stata una fortuna che li abbia visti solo io. Ovviamente è scattata una lettera di richiamo per comportamenti inopportuni”.
Può sembrare la trama di un film osé, ma capita più spesso di quello che si pensi che in azienda scatti non tanto – o non solo – la scintilla dell’innamoramento quanto quella della passione fisica. Le relazioni pericolose sul posto di lavoro, insomma, passano anche dal sesso in ufficio: ma quali sono le conseguenze?
Fotografia dell’Italia hot
In più del 60% delle aziende italiane si consumano rapporti sessuali tra i dipendenti, con Milano a guidare la “classifica” seguita da Roma, Bologna e Torino. Secondo un’indagine sulle relazioni amorose in ufficio condotta da Bruneau su 3 mila dipendenti a livello europeo, quasi la metà dei lavoratori italiani (48%) ha avuto un appuntamento galante con un/a collega, un terzo ha baciato un/a collega e il 26% ha avuto un rapporto occasionale sul posto di lavoro. Inoltre, il 18% degli intervistati ha dichiarato di avere o aver avuto una relazione a lungo termine con un/a collega.
Interessanti anche le differenze di genere: se tra le donne è una su cinque ad aver avuto un rapporto occasionale con un collega, per gli uomini si sale a uno su tre e il 22% afferma di aver dormito più di una volta con una collega.
La maggior parte dei flirt, poi, si consuma nella fascia di età più giovane (il 42% avviene tra colleghi di età compresa tra i 18 e i 24 anni), mentre il 41% degli over 45 non ha mai avuto una “scappatella” sul lavoro.
Alla domanda “quale è stata la sfida più importante”, il 44% degli intervistati ha risposto “mantenere il segreto”, mentre al secondo posto, con il 41% delle preferenze, troviamo “affrontare l’attrazione fisica durante l’orario di lavoro” e al terzo, con il 38%, “non mescolare le questioni personali con quelle lavorative”.
Curioso anche scoprire dove sono iniziate le relazioni sentimentali tra colleghi – solo il 3% delle quali finisce davanti all’altare, mentre nel 40% dei casi si tratta solo di sesso –: nel 31% dei casi la scintilla è scoccata in ufficio, nel 35% dei casi fuori dall’orario di lavoro, mentre nel 16% le liason sono nate durante un viaggio di lavoro, nell’11% dei casi durante una festa aziendale e nell’8% durante un evento corporate.
Sesso tra colleghi: cosa dice la legge
Spiega Sergio Alberto Codella, avvocato giuslavorista, partner di Orsingher Ortu Avvocati Associati: “Le relazioni sentimentali tra colleghi, se consensuali, non sono di per sé un illecito, considerato che sono, in linea di massima, questioni private che non possono e non devono incidere sul rapporto di lavoro. In generale, in Italia non vi sono leggi o contratti collettivi che prevedano espressamente il divieto di intrattenere rapporti intimi tra colleghi. Vi sono però alcune aziende, soprattutto a vocazione internazionale, che hanno cercato di “disciplinare” la questione, non tanto “vietando” la relazione in sé e per sé, ma definendo regolamenti interni che impongano l’obbligo di darne evidenza; va comunque precisato che le ragioni per conoscere tale circostanza non possono rinvenirsi nella semplice “curiosità”, ma che l’obbligo di informativa si determina solamente se giustificato da questioni di natura organizzativa o produttiva relative al caso in esame”.
Cosa deve fare l’HR
“L’atto sessuale che avviene durante lo svolgimento delle ordinarie attività lavorative assume – spiega l’avvocato Codella – una connotazione valutativa autonoma indipendentemente dal fatto che la coppia sia “riconosciuta” oppure sia “occulta”. In generale, possiamo dire che spesso le aziende non tollerano comportamenti sessuali in ufficio, anche se tra i dipendenti esistono rapporti “ufficiali”.
Questo tipo di comportamento, infatti, può compromettere l’ambiente di lavoro e il suo decoro, minare la professionalità del contesto aziendale e, nei casi più gravi, generare situazioni di conflitto. Quando i dipendenti sono colti “in flagrante” sul posto e durante l’orario di lavoro, le conseguenze disciplinari dipendono da diversi fattori, come le circostanze dell’atto, la politica aziendale e il contesto in cui il comportamento si è verificato. Nei casi più gravi si può arrivare anche al licenziamento dei soggetti coinvolti.
In particolare, il recesso datoriale può concretizzarsi quando la condotta violi esplicite politiche aziendali oppure sia causa di disordini o conflitti tra i dipendenti. Ovviamente questa non è l’unica soluzione perseguibile, in quanto i datori spesso hanno un atteggiamento più morbido, limitandosi ad ammonizioni e richiami soprattutto per casi che non sembrano essere preoccupanti per l’organizzazione aziendale. Per stabilire la “gravità” dell’atto devono quindi essere valutati numerosi fattori quali: la durata dell’assenza dal posto di lavoro; le conseguenze che l’assenza può determinare anche in termini di produttività aziendale e sicurezza; il luogo in cui si è consumato il fatto, in quanto fare sesso in un luogo accessibile ai colleghi e alla eventuale clientela è certamente una circostanza aggravante anche nell’ottica di potenziali danni d’immagine”.
Quindi, ricapitolando:
- se il rapporto sessuale avviene durante l’orario di lavoro o in un luogo aziendale non appropriato, può essere considerato una violazione delle norme aziendali o del codice disciplinare
- se il comportamento è ritenuto lesivo del decoro e dell’immagine aziendale o causa di disturbo ad altri colleghi e violazione delle regole di convivenza, il datore di lavoro può adottare una serie di sanzioni disciplinari, dal richiamo alla sospensione, arrivando fino al licenziamento senza preavviso per giusta causa
- se si appurasse che l’evento è un episodio isolato senza particolari conseguenze, l’estrema conseguenza potrebbe essere il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, che prevede invece un preavviso.
Il tema della privacy
Senza arrivare al cosiddetto love contract statunitense, un accordo che il dipendente firma al momento dell’assunzione e con il quale si impegna a non avere rapporti di natura diversa da quella lavorativa con i colleghi, molte aziende anche in Italia hanno un codice etico o dei regolamenti interni che disciplinano le relazioni tra colleghi e in molti casi, soprattutto se vi è un rapporto gerarchico, queste possono essere regolamentate o scoraggiate.
Una certa differenza, poi, è rappresentata dall’orario: se l’incontro intimo è avvenuto durante l’orario di lavoro, c’è l’aggravante di aver sottratto tempo alle mansioni per le quali si è stipendiati.
“Il fatto di consumare il rapporto sessuale in ufficio tra colleghi, ma al di fuori dall’orario di lavoro, determina una minor gravità del comportamento, specialmente se si svolge in un luogo appartato non accessibile a terzi o a colleghi” prosegue Codella. “Inoltre, sulla questione sorgono interrogativi relativi al rispetto della privacy, in quanto – soprattutto se il fatto accade fuori dall’orario di lavoro – vi è l’obbligo di rispettare la vita privata dei dipendenti e di evitare indagini incoerenti con gli interessi datoriali. Ad esempio, sarebbe alquanto critica la decisione aziendale di avviare un’indagine sulla vita sessuale dei dipendenti, oltre l’orario di lavoro, attraverso l’utilizzo di videocamere”.
I precedenti giuridici
Cosa dice il codice penale sul sesso in ufficio? Secondo il primo comma dell’articolo 527, se l’ufficio è accessibile al pubblico o ad altri dipendenti e il rapporto sessuale è visibile, può configurarsi il reato di atti osceni in luogo pubblico, punibile tuttavia “solamente” con una multa – da 5 mila a 30 mila euro – e non più con la reclusione da quando il reato (in assenza di minori) è stato depenalizzato, nel gennaio 2016, passando da un reato penale a un illecito amministrativo.
Ovviamente, per procedere è necessario che l’azienda sporga denuncia verso gli amanti e che le indagini preliminari delle Forze dell’Ordine riescano a ricostruire i fatti dimostrando che il rapporto sia effettivamente avvenuto, magari attraverso il resoconto di un testimone oculare.
“Quando la giurisprudenza è stata chiamata a valutare la gravità di episodi di intimità consumati in ufficio durante l’orario di lavoro, non si è concentrata tanto sull’atto in sé, ma più sul fatto che tali comportamenti potessero denotare una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi lavorativi, facendo peraltro molta attenzione alla valutazione delle mansioni dei lavoratori coinvolti.
Per esempio, è stato ritenuto incrinato il rapporto di fiducia nel caso di un lavoratore che prestava la propria attività presso il banco agenti di stazione, sorpreso da un utente a compiere un atto sessuale nel locale in uso dalla ditta di pulizie” spiega Codella.
La Corte di Cassazione ha ritenuto tale condotta grave soprattutto alla luce del fatto “che il dipendente, con la propria azione, aveva creato un notevole pericolo per la sicurezza, poiché le sue mansioni erano di particolare responsabilità per la gestione della sicurezza dell’impianto, essendo lui l’unico agente di stazione”, concentrandosi quindi non tanto su un giudizio morale, quanto su aspetti oggettivi in tema di sicurezza messi in pericolo dalla “distrazione” del dipendente”.
Se dunque volessimo generalizzare, possiamo affermare che gli atti sessuali, seppur consenzienti, consumati in ufficio durante l’orario di lavoro possono determinare gravi conseguenze soprattutto per titolari di mansioni che comportano forti criticità in caso di “distrazioni”. Diversamente, gli atti compiuti al di fuori dell’orario di lavoro, soprattutto se consumati al di fuori dei locali aziendali, difficilmente possono avere rilevanza, in quanto attinenti alla sfera privata di ciascun dipendente, fatto salvo l’obbligo di comunicare eventuali relazioni sentimentali qualora lo prevedano specifici regolamenti aziendali.