Come l’IA sta cambiando il mercato del lavoro: nuove competenze e prospettive
Recentemente sono stati pubblicati due importanti report: l’AI Index Report dello Stanford Institute for Human-Centered Artificial Intelligence, un rapporto annuale che analizza lo stato attuale e il futuro dell’IA, e il report Artificial Intelligence and the Changing Demand for Skills in the Labour Market dell’OECD. Questi report, ampi e dettagliati, offrono dati e informazioni preziose per stimolare una riflessione sull’impatto dell’Intelligenza Artificiale sul mondo del lavoro e sulla richiesta di competenze. Riportiamo qui i punti che riteniamo più interessanti.
A cura di Skilla
AI Index Report
- Iniziamo con un dato relativo alla percezione e all’opinione pubblica: il report segnala che le persone in tutto il mondo sono più consapevoli del potenziale impatto dell’IA sulla vita e sul lavoro, ma anche più nervose. Un sondaggio Ipsos mostra che, nell’ultimo anno, la percentuale di coloro che pensano che l’IA influenzerà drasticamente le proprie vite nei prossimi tre-cinque anni è aumentata dal 60% al 66%. Inoltre, il 52% delle persone esprime nervosismo (preoccupazione, ansia o apprensione) nei confronti dei prodotti e servizi legati all’IA, segnando un aumento di 13 punti percentuali rispetto al 2022.
- Per quanto attiene al mondo del lavoro, l’AI Index riporta che nel 2023 diversi studi hanno valutato l’impatto dell’IA, suggerendo che questa tecnologia permette ai lavoratori di completare le attività più velocemente e di migliorare la qualità dei risultati. Interessante notare come, nonostante ciò, le persone siano generalmente pessimiste riguardo all’impatto economico dell’Intelligenza Artificiale. Un sondaggio di Ipsos rivela, infatti, che solo il 37% dei rispondenti ritiene che l’IA migliorerà il proprio lavoro, solo il 34% prevede che stimolerà l’economia e solo il 32% crede che migliorerà il mercato del lavoro.
OECD – Artificial Intelligence and the Changing Demand for Skills in the Labour Market
Il report intende fornire delle stime rappresentative del cambiamento delle competenze richieste per le professioni definite “esposte all’Intelligenza Artificiale” ma che non necessitano di competenze tecniche specifiche. Per misurare il cambiamento della domanda di competenze, il report ha analizzato le offerte di lavoro online in 10 paesi dell’OECD e le competenze associate a esse.
L’analisi classifica le occupazioni in base all’esposizione all’IA, suddividendole in professioni ad alta, moderata e bassa esposizione. Le professioni maggiormente esposte all’IA includono quelle legate alla consulenza e alla finanza. Le professioni meno esposte, invece, includono settori quali la lavorazione del tessile e del ferro, oltre alle professioni nell’ambito dell’assistenza alla persona. Inoltre, l’analisi raggruppa le competenze in diverse categorie, tra cui gestionali, di business, cognitive, emotive e digitali.
- Per le professioni ad alta esposizione, le competenze più richieste sono quelle legate alla gestione delle risorse, dei processi aziendali e le competenze emotive; rispettivamente il 72%, 67% e 63% delle offerte di lavoro richiedono competenze rientranti in queste categorie. Crescono significativamente anche le richieste di competenze cognitive (es. originalità e problem-solving) e digitali avanzate (es. software per l’ufficio). Queste competenze hanno registrato in percentuale il maggiore aumento di domanda nel tempo (con circa 8 punti percentuali, mentre le competenze aziendali e manageriali +5%). Diminuisce, invece, la richiesta di competenze base in questi ambiti (cognitivo e digitale), riflettendo l’automazione di molte funzioni basilari legate a tali aree.
- Per le professioni a bassa esposizione, le competenze legate alla produzione e all’ambito della tecnologia sono le più richieste. Questo include abilità come installazione e manutenzione, gestione della qualità dei processi di produzione e manualità. Le competenze tecniche specifiche per i settori di produzione e manutenzione riflettono il bisogno di competenze pratiche che supportino le tecnologie emergenti. Anche le competenze emozionali e cognitive hanno registrato un aumento, ma la crescita è meno pronunciata rispetto alle occupazioni con alta e moderata esposizione all’IA.
È comprensibile che ci sia una crescente consapevolezza degli impatti dell’Intelligenza Artificiale, accompagnata da un aumento del nervosismo. Oggi l’Intelligenza Artificiale è un tema al centro dell’attenzione mediatica ma spesso viene presentato attraverso narrazioni che alimentano timori. Tuttavia, secondo diversi esperti e ricostruzioni storiche, le passate rivoluzioni tecnologiche, dopo un periodo di assestamento, hanno sempre portato a un miglioramento del benessere economico complessivo.
Il “periodo di assestamento” è legato proprio al cambiamento delle competenze richieste. Adottando una prospettiva più ampia rispetto a quella dell’OECD, oltre alle competenze indicate nel report, riteniamo che siano fondamentali il pensiero critico, l’apprendimento continuo e la Learning Agility. Il pensiero critico si manifesta nella capacità di valutare criticamente ciò che l’IA offre, di porre domande, avere dubbi e formare opinioni proprie. L’apprendimento continuo e la Learning Agility rappresentano la capacità di continuare ad apprendere, mettere in discussione le proprie conoscenze ed acquisirne di nuove.
Per sostenere queste competenze e cercare di gestire e affrontare sentimenti negativi e nervosismo, uno spunto interessante proviene da Thimon de Jong. Basandosi su un’esigenza espressa in particolare dalle giovani generazioni, de Jong propone di legare gli apprendimenti ad azioni concrete, in grado di dimostrare gli impatti, i significati e i benefici che le tecnologie, e in particolare l’IA, possono portare. Questo approccio può contribuire a spostare la riflessione dal chiedersi se l’Intelligenza Artificiale sostituirà il nostro lavoro al capire in che misura l’IA potrà integrare le nostre attività e, soprattutto, dove il valore aggiunto del tocco umano sarà insostituibile.
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