Diversity & Inclusion: le proposte del tavolo di lavoro
La manifestazione ORU-Officina Risorse Umane a fine novembre ha visto riunirsi circa 80 responsabili HR di realtà aziendali di dimensioni e settori differenti, insieme a referenti istituzionali – quattro gli esponenti, tra ex e in carica, del Ministero del Lavoro –, opinion leader ed esperti per confrontarsi su otto tematiche cruciali legate al mondo del lavoro – a ciascuna delle quali era dedicato un tavolo di lavoro altamente qualificato – ed elaborare una serie di proposte che sono state poi presentate all’intera assemblea nella plenaria di chiusura dei lavori e che daranno vita a un documento che verrà inviato al ministro del Lavoro. In otto articoli differenti, vi illustriamo le premesse e le proposte di ogni tavolo.
La manifestazione ORU-Officina Risorse Umane a fine novembre ha visto riunirsi circa 80 responsabili HR di realtà aziendali di dimensioni e settori differenti, insieme a referenti istituzionali – quattro gli esponenti, tra ex e in carica, del Ministero del Lavoro –, opinion leader ed esperti per confrontarsi su otto tematiche cruciali legate al mondo del lavoro – a ciascuna delle quali era dedicato un tavolo di lavoro altamente qualificato – ed elaborare una serie di proposte che sono state poi presentate all’intera assemblea nella plenaria di chiusura dei lavori e che daranno vita a un documento che verrà inviato al ministro del Lavoro. In otto articoli differenti, vi illustriamo le premesse e le proposte di ogni tavolo.
I temi correlati alla Diversity & Inclusion rappresentano un “ecosistema” variegato, che spazia dal gender gap alla genitorialità, dall’LGBTQI+ all’ageing, dal multiculturalismo alla disabilità e che richiede un forte investimento da parte di tutti gli stakeholder – dai vertici d’impresa a tutta la popolazione aziendale – e una gestione in ottica integrata. Rewarding e compensation, percorsi di formazione, piani di sviluppo e consolidamento delle politiche di genere, ma anche work-life balance, sostegno alla genitorialità e, più in generale, la creazione di ambienti di lavoro equi e inclusivi sono alcuni dei temi di lavoro in agenda che, per la loro rilevanza devono essere affrontati non solo internamente alle organizzazioni, ma anche a livello politico, con interventi sul piano normativo.
Un ambiente di lavoro (davvero) inclusivo
Ogni partecipante al tavolo di lavoro – coordinato da Stefano Porta, Business Manager di ODM Consulting – ha illustrato le misure concrete adottate nella propria azienda per creare un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso delle diversità presenti. In tutti i casi, le misure prese sono state implementate a seguito di sollecitazioni individuali provenienti dai singoli lavoratori o di istanze di business per risolvere una situazione problematica (per esempio, la necessità di risolvere conflitti multietnici esistenti in azienda) e non rappresentano l’attuazione di un programma deciso a livello di management né l’applicazione di obblighi di legge. Tra i temi di diversity, sicuramente il gender gap tra uomo e donna – sia dal punto di vista retributivo sia delle effettive prospettive di crescita professionale – è il problema più sentito e l’implementazione di misure a sostegno della genitorialità e, più in generale, del care giving potrebbe favorirne l’eliminazione.
Interessanti anche le riflessioni emerse circa l’inclusione dei lavoratori disabili: se un tempo venivano assunti principalmente lavoratori con disabilità fisiche per adempiere alle norme sul collocamento obbligatorio, oggi – anche in virtù di una maturata coscienza sociale circa la funzione di tali obblighi – le assunzioni riguardano altresì, e con rilevante incidenza statistica, lavoratori disabili psichici e neuro-atipici.
Ça va sans dire che, affinché possa esservi una reale inclusione di questi ultimi nel contesto aziendale, si rende un apposito training & coaching – fornito dal datore di lavoro – quantomeno al team di lavoro in cui la risorsa verrà inserita.
Secondo i partecipanti al tavolo di lavoro, la legislazione vigente in tema di Diversity & Inclusion si risolve per lo più in una serie di obblighi e divieti imposti all’imprenditore, al quale sono integralmente demandate sia le misure finalizzate a garantire il rispetto delle diversità sul luogo di lavoro, sia i costi di tali misure.
Un ambiente di lavoro davvero inclusivo e aperto alle diversità richiede necessariamente un intervento “a monte” da parte dello Stato, che includa obbligatoriamente nel programma didattico delle scuole elementari, medie e superiori, nonché delle università, ore di formazione in materia Diversity & Inclusion e fornisca costante comunicazione istituzionale alla popolazione sulle medesime tematiche; a livello aziendale, invece, oltre alla misurazione oggettiva degli obiettivi raggiunti, potrebbe essere utile una responsabilizzazione individuale dei manager (per esempio con la previsione di KPI ai fini del riconoscimento del bonus annuale legati a obiettivi in materia di Diversity & Inclusion).
Le proposte in dettaglio
Ampia e articolata è la proposta che il tavolo dedicato al tema diversity & inclusion ha formalizzato per il Legislatore, mettendo l’accento sul fatto che non solo la singola azienda, ma l’intera società civile deve essere coinvolta, per esempio con programmi di formazione da inserire obbligatoriamente nell’iter didattico di scuole elementari, medie e superiori, nonché delle università, e con comunicazioni istituzionali realizzate dallo Stato sotto varie forme (un esempio sono le campagne di Pubblicità Progresso).
A livello aziendale, invece, sono necessari interventi a favore della genitorialità e del care giving, come l’incremento ulteriore della durata del congedo di paternità – con carattere obbligatorio – in un piano di progressiva estensione temporale dell’istituto; il rimborso dei costi effettivi e documentati sostenuti dai datori di lavoro “virtuosi” che istituiscano asili nido e scuole per l’infanzia aziendali, nonché lo snellimento della burocrazia per l’apertura degli stessi, o ancora il rimborso delle somme erogate ai dipendenti per baby sitter, assistenza ai familiari anziani o in condizioni di disabilità; l’istituzione di una “nuova” figura, quella del Consigliere per gli Asili Aziendali e Consortili, a livello comunale o di Prefettura, che abbia il compito di facilitare e promuovere l’attuazione di tali progetti e di fornire assistenza agli imprenditori nell’istituzione di asili nido e scuole per l’infanzia aziendali.
Sempre a livello aziendale, è necessario prevedere sia una serie di sgravi fiscali e di incentivi di natura fiscale o contributiva al raggiungimento di obiettivi oggettivi e facilmente misurabili in materia di inclusione, sia un sistema sanzionatorio nei confronti dei datori di lavoro che non inviino il rapporto periodico o non raggiungano determinate “soglie” minime di attuazione.
Infine, la piattaforma elaborata dal tavolo propone un ampliamento degli incentivi esistenti – rendendoli stabili, certi e duraturi nel tempo – previsti in favore dei datori di lavoro “virtuosi” che implementino misure volte a creare un ambiente di lavoro inclusivo e aperto alle diversità (per esempio, con la creazione di asili nido o con l’istituzione di corsi di lingua italiana in favore dei lavoratori stranieri offerti dal datore di lavoro). Ça va sans dire che diventa poi fondamentale, da parte dello Stato, prevedere un’adeguata campagna informativa rivolta ai datori di lavoro, per esempio un battage pubblicitario sulla falsariga delle Pubblicità Progresso.
Il commento del coordinatore
«Intorno alla diversity le questioni aperte sono tante: quello che è emerso dalla discussione intorno al tavolo è la necessità di aumentare il livello di formazione e di comunicazione, partendo dalle scuole elementari e arrivando via via fino all’università, andando così ad agire sulle nuove generazioni, “utilizzandole” anche come canale di comunicazione verso i genitori e le altre generazioni, poiché i ragazzi sono inclusivi per definizione – ha commentato Stefano Porta –. Un altro elemento forte uscito dalle discussioni è quello legato al tema della genitorialità, per il quale è emersa la necessità di aumentare il sostegno alla genitorialità attraverso un patto tra Stato e azienda per ridurre la diversità anche con interventi dello Stato, con la diminuzione del livello di burocrazia che blocca molte iniziative – per esempio legate agli asili aziendali – e con un intervento anche sui congedi obbligatori di paternità»