Aumentano gli anziani, calano i giovani: ecco la fotografia del 6° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale

È stato presentato il 6° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale: il welfare è ormai diventato un elemento centrale del rapporto di lavoro, ma cosa sta cambiando soprattutto in relazione ai lavoratori più giovani? Quali saranno i futuri sviluppi dello smart working? Il lavoro ibrido sarà la risposta giusta per un buon work life balance? Queste e altre risposte nell’annuale analisi sulla trasformazione dei fenomeni del mondo del lavoro.

welfare aziendale e premio di risultato

Aumentano gli anziani e diminuiscono i giovani

L’Italia vive un capovolgimento della struttura per età della popolazione e questo fenomeno non può che ripercuotersi anche sul mondo del lavoro. Infatti, se è vero che nel 1951 gli anziani erano l’8,2% e i giovani il 12,7 della popolazione, si calcola che nel 2032 saranno il 23,8% e i giovani l’11.
Allo stesso modo, accade che nel 2022, tra gli occupati, i 50-64enni sono 8,3 milioni, oltre 3 milioni in più dei 15-34enni.
Nel 2040 si stima che il totale delle forze di lavoro caleranno dell’1,6%.
Non solo: nei primi nove mesi del 2022 le dimissioni dal lavoro sono state quasi 1,7 milioni, con un balzo del 21,9% rispetto allo stesso periodo del 2021 e «il dato è ormai superiore del 30,1% a quello dello stesso periodo del 2019, cioè l’ultimo anno pre Covid», si legge nel sesto Rapporto Censis Eudaimon che cattura uno spaccato che desta preoccupazione.

 

Giovani e donne in balia della precarietà

Guardando ai contratti e alla stabilità, la base ampia della piramide della precarietà nel lavoro è composta fondamentalmente da giovani e da donne (nello specifico, tra i 25-34enni l’8% dei maschi ed il 18,4% delle femmine; tra i 35-44enni il 5,3% dei maschi ed il 15,9% delle femmine; i 45-54enni il 4,5% dei maschi ed il 16,1% delle femmine; i 55-64enni il 4,4% dei maschi ed il 14,3% delle femmine). 

Scarsa anche la gratificazione: il 65% degli occupati non vede reali opportunità di carriera, il 44,2% considera la retribuzione non adeguata alle proprie esigenze, in particolare i giovani per il 53%, gli adulti per il 41,2% e gli anziani per il 7%, e l’incertezza diffusa, dato che il 42,6% pensa di poter perdere il proprio lavoro. 

«È una precarietà nuova e più sfuggente rispetto a quella contrattuale, legata all’incertezza complessiva del contesto e ai timori legati alle attese rivoluzioni tecnologiche e organizzative», si legge ancora nel Rapporto. Il lavoro, quindi, viene sempre più considerato come lo strumento per poter vivere per poi trovare attività più gratificanti nel restante tempo di vita. 

 

La sfida con il mondo HR: motivare individuando le priorità. Il welfare aziendale è prioritario.

Ecco perché le aziende potranno indurre una “ri-motivazione” solo facendo scelte che individuino le priorità delle persone. Si apre una sfida per il mondo HR, perché «la disaffezione, l’estraneazione dal lavoro nel lavoro e, anche, la propensione ad andarsene verso altre aziende è molto forte tra essi, e la loro dipartita in massa o un loro allentamento diffuso del loro impegno potrebbero avere effetti tremendi sulle aziende coinvolte»: il welfare aziendale è una priorità non più rinviabile. 

A monte di ciò, occorre considerare che le persone apprezzano il lavoro da casa perché permette una migliore conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, riducendo lo stress. Il rischio, tuttavia, è che si possa affievolire il senso di appartenenza; per questo viene valutata positivamente l’alternanza. «Riguardo alle tipologie di servizi e prestazioni, emerge che il 79,4% dei lavoratori vorrebbe supporto personalizzato, il 79,2% migliori e maggiori opportunità per conciliare vita familiare e lavoro, il 79,1% integrazioni di reddito per spese alimentari, il 78% supporto per risolvere problemi burocratici nel rapporto con la pubblica amministrazione (per esempio nelle dichiarazioni di reddito), il 68,1% consulenza o supporto psicologico per affrontare le difficoltà quotidiane.
Se le integrazioni di reddito sono oggi apprezzate dai lavoratori in difficoltà di fronte all’inflazione, è però forte la domanda di supporti utili per una più alta qualità della vita», un’altra riflessione che emerge dal Rapporto. 

Per poter rispondere a questa esigenza di un welfare in linea con le soggettività, occorre passare da un modello aziendale verticale ad uno più orizzontale, in cui l’ascolto è prioritario. 

 

 

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