Nuove prospettive, come il Covid ha cambiato il rapporto con il lavoro

A quasi due anni dall’inizio dell’emergenza pandemica e delle relative ripercussioni sulle modalità di lavoro, è giunto il momento di tirare le somme su come è cambiato l’approccio dei lavoratori al tema. È questo l’obiettivo del Randstad Work Monitor, una ricerca condotta in 34 Paesi nel mondo su un campione di oltre 800 dipendenti di età compresa fra 18 e 67 anni per ogni nazione. I dati che emergono dalla survey ci parlano di una nuova prospettiva nei confronti dell’equilibrio lavoro-vita privata, generata dai nuovi trend introdotti dalla pandemia. Basti pensare, ad esempio, che ben il 74% desidera una maggiore flessibilità in futuro nel proprio lavoro o nella propria carriera.

lavoro covid

Senza dubbio, la pandemia ha prodotto un’abbondanza di cambiamenti inaspettati. Licenziamenti globali di massa seguiti da un aumento delle assunzioni in molti mercati hanno portato le persone a fare innumerevoli giri di montagne russe negli ultimi due anni. Allo stesso tempo, tuttavia, le sfide del Covid hanno rivelato la resilienza dei lavoratori, nonostante le difficoltà e le prospettive di cambiamenti radicali che hanno dovuto affrontare negli ultimi due anni.

La ricerca semestrale Randstad Work Monitor, condotta in 34 Paesi nel mondo su un campione di oltre 800 dipendenti di età compresa fra 18 e 67 anni, ha rivelato una varietà di sentimenti degni di nota tra la forza lavoro globale. Ad esempio, all’inizio della pandemia, gli intervistati sostenevano di sentirsi supportati dai propri datori di lavoro anche quando gli uffici sono stati chiusi e i licenziamenti hanno colpito molti mercati. In seguito è subentrato un forte desiderio di tornare alla normalità. Ora, invece, la volontà di apportare modifiche alla propria vita personale e professionale sembra suggerire che i vecchi modelli potrebbero non tornare mai più. Secondo Randstad, nonostante l’incertezza senza precedenti causata dalla pandemia, i lavoratori di tutto il mondo sembrano più sicuri di ciò che vogliono nella propria vita e carriera. Le preoccupazioni e i disagi che hanno dovuto affrontare hanno profondamente alterato le prospettive e i desideri. Prendersi in carico il proprio destino, sia sul posto di lavoro che a casa, è diventata la caratteristica distintiva per la forza lavoro post-pandemia.

Il 49% degli intervistati ha affermato di sentirsi più stressato di prima e di avere bisogno di cambiamenti nella propria vita lavorativa. Tra i giovani la propensione al cambiamento è ancora più evidente: il 75% dei lavoratori di età compresa tra 25 e 34 anni afferma di avere più chiarezza sui propri obiettivi professionali, la più alta percentuale di qualsiasi fascia di età.

Quasi sette italiani su dieci (il 69%) hanno maturato una nuova prospettiva rispetto al modo in cui il lavoro si adatta ai propri impegni personali, il 21% in più della media globale e il dato più alto fra i principali Paesi europei, con i francesi che si fermano al 35%, i tedeschi al 36%, spagnoli e inglesi al 48%. In particolare, il 74% dei lavoratori italiani ha definito più chiaramente i propri obiettivi personali, mentre il 72% ha compreso meglio le proprie ambizioni professionali.

A livello globale, il 76% dei lavoratori desidera più flessibilità di lavoro e di carriera, con percentuali dell’87% in America latina e dell’85% nei paesi Apac.

Inoltre, i rapidi cambiamenti che si sono verificati nell’economia globale e nel mercato del lavoro hanno prodotto in molte persone preoccupazioni per la propria employability in futuro. È uno dei motivi per cui la riqualificazione e il miglioramento delle competenze hanno attratto l’attenzione dei leader delle organizzazioni ovunque. Secondo l’analista delle risorse umane Josh Bersin, le politiche di formazione e sviluppo sono diventate parte integrante delle strategie di acquisizione dei talenti delle aziende, in questi tempi di scarsità.

Secondo i dati di Randstad, il 73% degli intervistati nella fascia di età 18-24 ritiene che siano necessarie maggiori competenze per stare al passo con i cambiamenti del mercato del lavoro dallo scoppio del Covid-19. Sono il 72% nella fascia 25-35, il 68% in quella tra i 35 e i 44 anni, il 58% tra i 45-54, e solo il 43% nella classe d’età 55-67. A livello di regioni, sono sempre i paesi asiatici e del Pacifico ad avere maggiore consapevolezza della necessità di reskilling e upskilling, con il 77%; il Nord Europa si ferma al 47%, Est Europa e Sud Europa si attestano sul 67 e 61%.

Infine, la survey mostra che – per circa un quarto degli intervistati – la possibilità di lavorare da remoto rappresenta una delle valutazioni più importanti nelle scelte di carriera (meno importante però per il gruppo più giovane di lavoratori). Nel complesso, il 39% desidera maggiore flessibilità, mentre il 35% afferma che è più importante un lavoro con livelli di stress gestibili. Dopo retribuzione e benefit (58%), al secondo posto delle priorità si colloca la possibilità di svolgere un lavoro significativo (42% degli intervistati).

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