Leadership condivisa e comunicazione interna, così si riparte sul lavoro

Mettere al centro le persone lavorando su coesione, dialogo, formazione, welfare e sostenibilità. Queste le chiavi per adattare le organizzazioni alla nuova normalità.

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Di Filippo Poletti*

Se c’è una parola che abbiamo riscoperto, è stata la prima persona plurale: il coronavirus ha imposto di leggere al contrario il pronome personale “io”, aggiungendo la lettera “n” per arrivare a decretare il “noi” come chiave per superare la crisi sanitaria ed economico-finanziaria. In tutte le nostre aziende c’è bisogno di “noi”. C’è bisogno, cioè, di unire le forze, abbracciando i vantaggi della leadership condivisa: occorre spostare il focus della nostra organizzazione dalla struttura all’accountability, intesa come capacità delle singole persone e delle unità organizzative di assumersi la responsabilità del raggiungimento degli obiettivi prefissati, indipendentemente dal ruolo gerarchico e dalle risorse da coinvolgere. Alle nostre aziende servono modelli organizzativi sempre più orizzontali.

Leadership condivisa ai tempi del lavoro da remoto

Responsabilità di tutti, dunque. Sì, perché l’uscita dalla crisi deve vedere tutti coinvolti, con impegno e con coraggio. A questa nuova normalità sul lavoro è dedicato il talk che, assieme a Monica Bormetti, conduco ogni giovedì su LinkedIn a partire dalle ore 18. Seguendo i teorici dell’organization design potremmo dire che avere un team ben organizzato e motivato è oggi importante tanto quanto avere un buon team leader. Vale soprattutto ai tempi dello smart working. Gli ultimi dati, diffusi dall’Osservatorio del Politecnico di Milano alla fine del 2020, segnalano la presenza di 6,58 milioni lavoratori agili, pari a un terzo dei lavoratori dipendenti.

Smart working, i casi di Fastweb ed Eni

A pochi mesi fa risalgono una serie di annunci, fatti in Italia da grandi imprese. È il caso, ad esempio, di Fastweb che, da piazza Olivetti a Milano, ha segnalato l’entrata in vigore, in via sperimentale a partire dal 16 ottobre del 2020, di un nuovo accordo aziendale: i quasi 3 mila dipendenti saranno liberi di scegliere tutti i giorni se andare in ufficio oppure se lavorare da remoto. «Si tratta del rovesciamento di vecchi schermi lavorativi – ha commentato il CEO, Alberto Calcagno, ripreso dal Sole 24 Ore – che riconsegna alla libertà dell’individuo la scelta di dove e come lavorare per raggiungere i propri obiettivi in modo sempre più efficace e ottimizzare l’equilibrio tra vita privata e lavorativa».

Altro annuncio significativo è stato quello di Eni che, per bocca del direttore del personale Claudio Granata, ha dichiarato al Corriere della Sera: «In uno scenario post vaccino fino al 35% dei dipendenti, calcolati su un singolo giorno, potrà lavorare da remoto: dovremo arrivare a coinvolgere, complessivamente, 7 mila persone in Italia». E ancora: «Questa percentuale potrebbe crescere in futuro. Lo smart working richiede di saper lavorare a matrice e, quindi, di non basarsi sullo schema verticale assicurato dalla gerarchia. La collaborazione in remoto è presenza ed è come abituarsi ai nuovi modelli di vita e di lavoro».

LA COMUNICAZIONE INTERNA COME TRAIT D’UNION

Le imprese italiane, dunque, hanno intravisto nel lavoro a distanza un’opportunità. Come testimoniano alcuni annunci di recruiter, tutto questo non vale solo per le aziende di grandi dimensioni. Anche gli opinion leader come l’ex segretario della Fim Cisl Marco Bentivogli, autore del libro “Indipendenti: guida allo smart working”, hanno iniziato a parlare insistentemente di lavoro da remoto. La domanda, a questo punto, sorge spontanea: com’è possibile, ai tempi della diffusione dello smart working, organizzare al meglio il lavoro di gruppo? Com’è possibile, per ritornare al punto da dove siamo partiti, promuovere la leadership diffusa? Come possiamo diminuire i costi di coordinamento tra le diverse attività e quelli di transazione, ossia quelli legati alla gestione degli scambi informativi e fisici fra le diverse unità organizzative? Una soluzione, ai tempi del lavoro da remoto, è data dalla promozione della comunicazione interna. Il lavoro non in presenza necessita, infatti, di un maggiore impegno nella comunicazione promossa tra i colleghi. Parlarsi, parlarsi, parlarsi: questo è il segreto.

I 5 pilastri della comunicazione interna

Sono cinque, come ho indicato nel libro “Tempo di IoP: Intranet of People”, i pilastri della comunicazione interna: l’unità per il bene comune, il dialogo aperto, la formazione per la crescita, il benessere o welfare, e infine la sostenibilità. Occorre farli propri, avendo presente che la comunicazione deve emozionare e coinvolgere. Tanto più sapremo parlare alle persone, mettendole al centro, tanto più la nostra comunicazione interna sarà efficiente ed efficace. E ricordiamoci, come ha scritto Massimo Gramellini, che in ciascuno di noi c’è una storia: valorizziamola anche nella comunicazione aziendale. Faciliteremo, così, la conoscenza all’interno dell’azienda e, allo stesso tempo, promuoveremo la leadership condivisa.

* “Top voice” ufficiale di LinkedIn Italia, giornalista professionista e candidato EMBA al MIP

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