Lavoro e figli in fase 2, ecco perché a rimetterci saranno ancora una volta le donne

Uno studio della fondazione Consulenti del lavoro mostra l’emergenza per tre milioni di mamme. E un team di avvocate bolognesi lancia l’allarme sulla fuoriuscita dal lavoro per le madri

mamme

Lavoro, donne ed emergenza Covid 19. Che in Italia il lavoro di cura continui a ricadere sulle donne è una realtà di cui l’emergenza sanitaria sta mostrando ulteriore evidenza. La fondazione Consulenti del lavoro ha realizzato di recente uno studio ad hoc intitolato “Mamme e lavoro al tempo dell’emergenza Covid-19″. Ma già da settimane il dibattito è caldo e anche i giuslavoristi stanno lanciando l’allarme, come è accaduto nel caso delle avvocate Clelia Alleri, Francesca Stangherlin, Mara Congeduti e Sabrina Pittarello, dello Studio legale associato di Bologna, che già ad aprile si sono mosse per dare sostegno alle donne in difficoltà e per suscitare discussione politica attorno allo spinoso tema donne e welfare.

Lo studio realizzato dalla Fondazione riferisce che in Italia sono circa 3 milioni le donne occupate che hanno almeno un figlio minore di 15 anni, poco meno di un terzo del totale (9 milioni e 872 mila). Di queste, il 74% ha lavorato durante il lockdown e il 12,3% è rientrato il 4 maggio, mentre non è certo che le altre riescano a rientrare, anche a causa della difficoltà di conciliazione lavoro-figli, visto che la scuola è ormai finita e i centri estivi stanno partendo a singhiozzo, non in tutti casi con condizioni facili per le famiglie. Paradossale, fa notare la ricerca, è che le donne meno qualificate siano spesso proprio quelle che devono per forza recarsi sul luogo di lavoro e che non possono avvalersi dello smart working: parliamo di 1 milione e 426 mila donne (il 48,9% delle lavoratrici mamme), di cui circa 710 mila guadagnano meno di mille euro.

Contemporaneamente, a Bologna, le professioniste dello Studio legale associato hanno evidenziato fin da principio che le misure messe in campo dal Governo per tamponare la difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia non sono sufficienti, né abbastanza strutturate da essere utilizzate sul lungo periodo. Già ad aprile le legali avevano sottolineato con forza l’allarme: “Se l’emergenza si protrarrà, sarà necessario mettere in pista strumenti veri”, che ridisegnino tutta la struttura del sistema per evitare il pericolo di “una progressiva fuoriuscita delle donne dal mercato del lavoro, in particolare in contesti nei quali già esiste un gap retributivo tra uomini e donne a parità di mansioni svolte, così come nelle aree sociali e nelle famiglie (soprattutto straniere) più a rischio”, scandiva Alleri a Il Salvagente.

Questa emergenza, concludono le avvocate, potrebbe diventare uno spunto per tornare a parlare di temi importanti ma mai veramente risolti, come la discriminazione di genere sul lavoro e la gestione della vita privata insieme e quella lavorativa. Come sottolinea ancora il team di Studio legale associato in un articolo pubblicato dalla rivista Questione Giustizia, “Se è pur vero che le misure adottate dal Governo per fornire sostegno alle famiglie, a fronte della sospensione dei servizi scolastici, sono state riconosciute in favore di entrambi «i genitori lavoratori», vi è il rischio concreto che le stesse non risultino idonee a garantire una reale parificazione di genere nella gestione delle nuove esigenze familiari, determinate dalla pandemia in atto”. Il pericolo di “fuoriuscita delle donne-madri dal mondo del lavoro è alto, e sembra trovare una prima conferma nei dati provvisori relativi agli occupati e disoccupati diffusi dall’Istat nel mese di aprile”, scrivono le avvocate. I numeri, infatti, confermano che rispetto al mese di febbraio, nel mese di marzo 2020 l’occupazione è in lieve calo (-0,1%, pari a -27mila), ma il calo coinvolge le donne (-0,2%, ovvero -18mila) in misura doppia rispetto agli uomini (-0,1%, ovvero -9mila)”.

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