Il lavoro da remoto in sette sfide e sette soluzioni: ecco un vademecum ragionato
La remote company Zapier, con 300 dipendenti in 27 paesi diversi, racconta nel suo blog ostacoli e consigli per ‘uscirne vivi’
In poche settimane è successo ciò che non era accaduto in molti anni: un numero elevato di persone si è trovato a lavorare a distanza per il 100% del proprio tempo. Ne sa qualcosa Zapier, remote company che produce tool di automazione per collegare e integrare tra loro servizi web: la compagnia ha sede legale in California, ma non ha – ne ha mai avuto – una sede fisica e i suoi 300 dipendenti lavorano in remoto da sempre, in 27 paesi. Dal loro blog abbiamo mutuato la lista delle sette sfide del lavoro agile e altrettante proposte su come possano essere affrontate, grazie alle interviste a una cinquantina di lavoratori in smart working.
Pro e contro
Una delle preoccupazioni che i manager hanno sempre avuto rispetto al lavoro da remoto riguardava il timore che i dipendenti si distraessero troppo, ma in questi giorni di emergenza sanitaria ci si sta rendendo conto che accade esattamente il contrario. Talvolta diventa difficile smettere di lavorare e identificare il confine tra lavoro e vita personale (1): accade anche a chi pratica lo smart working da 15 anni. Per evitare di cadere in questo errore, è importante segnarsi un orario di inizio e di fine e staccare davvero la spina, magari uscendo di casa (cosa non facile durante la pandemia…) o leggendo un libro. Se si decide di fare una pausa durante l’orario di lavoro, è bene comunicarlo al team. In ogni caso, sempre, occorre mettere un alert per ricordarsi di bere un bicchier d’acqua e fare una semplice azione che crei un breve stacco.
Al netto di ciò, è evidente che le fonti di distrazione, in casa, possono essere molteplici e quindi è importante organizzare la propria giornata (2). Ma come? Ponendosi degli obiettivi, magari pianificando di fare una cosa di importanza elevata e tre di entità media, ma comunque cercando di dosare energie e concentrazione. Compito a volte arduo a casa, dove le interruzioni che non dipendono da se stessi possono essere varie (3), soprattutto se non si vive soli, ma con altre persone – specie se insieme a bambini piccoli – o anche con un animale da compagnia. Anche perché, quando si viene interrotti, ci si pone il dubbio se l’interruzione non possa essere davvero urgente: il cane avrà davvero bisogno di uscire o mio figlio si sarà fatto davvero male? Si possono però trovare alcuni escamotage: baby sitter per bambini piccoli, o cartelli fuori dalla porta della stanza in cui si lavora per avvertire che si è impegnati in una videoconferenza, ad esempio. Ma, se non dovesse ancora funzionare, allora forse è arrivato il momento di valutare la biblioteca o uno spazio in co-working (in condizioni normali…).
Troppo soli si diventa eremiti?
La solitudine e la mancanza di interazione umana (4) sono senz’altro aspetti che caratterizzano la vita di uno smart worker, a maggior ragione se vive solo e se i suoi collaboratori costituiscono anche la sua unica cerchia sociale: in quel caso il rischio dell’isolamento è elevato. Può diventare normale non uscire per giorni, come sottolinea Kean Grahm, l’amministratore delegato di MonetizeMore, società di tecnologia pubblicitaria: non resterebbe che parlare con le piante, si legge nel blog. Come evitare di autoisolarsi, soprattutto se si sceglie lo smart working per non stare troppo con i colleghi? Lavorando in co-working o in caffetteria, magari stringendo amicizia con altre persone che fanno lo stesso o ancora trascorrendo la pausa pranzo con amici.
Può accadere poi di sentirsi “fuori dal giro” e di avere problemi di comunicazione (5): quando si comunica con email o strumenti da remoto può succedere anche di avere la sensazione – spesso sbagliata – che altri prendano decisioni senza che coinvolgerci: in questo caso meglio essere proattivi e parlare, chiarire. Di certo ci si può sentire fuori dal giro quando i colleghi di lavoro vivono a fusi orari diversi: magari accade che si inizi a lavorare quando altri vanno a letto. Ciò che emerge dai report degli intervistati è che sarebbero necessarie almeno quattro ore di sovrapposizione con i colleghi affinché il team possa lavorare bene ed essere produttivo, quindi è importante essere flessibili.
E, ancora, a chi non è mai successo di subire interruzioni tecnologiche (6)? Anche questo è un ostacolo di cui tenere conto. Fondamentale, dunque, attrezzarsi con una buona connessione, quando fattibile. Fare videoconferenze con mille interruzioni è frustrante, talvolta problematico. In ogni caso, ricordarsi che fare un back up può salvare il proprio lavoro e quello degli altri, evitando fastidiosi ritardi. “Un hot spot come MiFi o un piano di telefonia cellulare che consente il tethering può salvare la vita quando la rete non funziona, così come un computer di back up o un tablet possono permetterti di proseguire con il lavoro quando e se il tuo computer si guasta”.
Infine, non bisogna mai trascurare la salute (7): un concetto che vale sempre ma ancor di più nel caso dello smart worker, che può diventare molto sedentario. Tra gli intervistati c’è chi ricorda che avere il frigorifero e il letto a pochi passi dalla propria postazione di lavoro può essere dannoso, così come dimenticarsi di mangiare o di uscire, non facendo “abbastanza scorta di vitamina D”. La pillola magica non esiste, ma imporsi buone abitudini come mangiare un’insalata e fare yoga può aiutare molto.