People at work, la giornata
Come le nuove tecnologie stanno trasformando le procedure di recruiting? E ancora: cosa può fare un’organizzazione perché il potenziale dei team non resti inespresso? E cosa c’entra lo storytelling con l’engagement delle risorse umane? Sono solo alcuni dei temi al centro dell’evento organizzato a Milano da HR-Link con i guru del settore. Il racconto della giornata.
I job trend, il futuro del recruiting, lo sviluppo degli human capital, ma anche la reputazione e il corporate storytelling per ingaggiare e trattenere le persone che lavorano in un’impresa. Di questi temi e di molto altro si è parlato ieri a People at work, l’evento organizzato da HR-Link nella sede Publicis Groupe a Milano. Un pomeriggio di approfondimento riservato alla community delle risorse umane, durante il quale sono state messe a confronto le più autorevoli voci del settore.
Il recruiting alla sfida delle nuove tecnologie
Ad aprire il pomeriggio di lavori un talk dedicato al recruiting, tra presente e futuro. Moderati dalla giornalista di Sky Tg24 Raffaella Cesaroni, sono intervenuti Carlo Albini, head of People and organization della Country Romania di Enel, Paola Boromei, Evp Human resources & organization di Snam, Stefano De Capitani, amministratore delegato di Municipia, Francesca Morichini, chief HR officer di Amplifon.
Al centro del dibattito l’innovation technology e le modalità con cui le aziende utilizzano l’enorme patrimonio offerto dalla tecnologia per affinare e migliorare le esperienze di selezione.
Francesca Morichini di Amplifon ha portato sul palco l’esperienza della sua azienda. Amplifon ha testato in Olanda un nuovo metodo di selezione che si serve dell’intelligenza artificiale già nella fase di screening, mettendo alla prova gli aspiranti candidati in un negozio virtuale dove sono chiamati ad affrontare situazioni reali.
Ma oggi Ict applicato al recruitment significa soprattutto algoritmi per affinare la ricerca che, come ha sottolineato l’ad di Municipia Stefano De Capitani, aiutano a lavorare sul fit tra competenze e candidati, fino ad arrivare al candidato perfetto, e sono ormai una realtà consolidata.
Per Snam, Paola Boromei ha raccontato come la digitalizzazione e l’utilizzo sapiente dei social abbia fatto scoprire la realtà della sua impresa a migliaia di giovani, più che decuplicando le richieste di lavoro. I cv inviati in azienda sono passati dai 4 mila del 2016 ai circa 90 mila attuali. Non solo: come ha sottolineato la manager, oggi la tecnologia serve anche a ingaggiare e trattenere talenti.
Tecnologie per ingaggiare talenti
Sul tema dell’ingaggio dei talenti è intervenuto anche Carlo Albini di Enel, che ha spiegato come, su questo fronte, il primo passo in Enel sia stato rivedere la candidate experience. «Il candidato è uno degli stakeholder più difficili da ingaggiare per un’impresa. L’azienda deve impostare il processo di selezione cercando di soddisfare le sue aspettative». Un’affermazione che fa il paio con le parole della Morichini, la quale ha sottolineato l’importanza, per chi si occupa di risorse umane, di non disgiungere il recruitment dalla reputazione. «La retribuzione non è più al primo posto nella ricerca di un lavoro. I giovani cercano aziende che rispondano ai loro valori, le cui attività abbiano un impatto positivo sul mondo. A questa nuova visione l’impresa si deve adattare, senza perdere la sua identità».
Il videostorytelling per parlare alle risorse umane
Un’organizzazione può fare engagement delle sue risorse anche attraverso il videostorytelling. Lo ha ben spiegato alla platea di People at work Andrea Jublin, regista, sceneggiatore e formatore, protagonista della lectio “Dalla formazione all’engagement. La narrazione cinematografica come strumento di storytelling”. «Raccontare e saper valorizzare le proprie storie è vitale per le imprese – ha detto Jublin – La macchina della narrazione è un motore fondamentale anche nei contesti di business sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione, a patto di saperla usare». Ecco dunque una delle prossime sfide per chi si occupa di hr.
Il team al centro
E se creare un’identità d’impresa condivisa è conditio-sine-qua-non per motivare le risorse, oggi le organizzazioni si confrontano anche con l’esigenza di svilupparne tutto il potenziale, con particolare riguardo ai team.
L’argomento è stato oggetto del modulo formativo tenuto da Stefano Porta, amministratore delegato di OD&M Consulting. Il tema non è secondario, il team oggi conta più dei singoli. La ragione? «I team sono l’elemento più stabile delle organizzazioni, sono probabilmente ciò che consente alle aziende di fare il salto di qualità» ha detto Porta. «Ma attenzione: tante persone di talento non necessariamente fanno un team di talento. E l’obiettivo da raggiungere è riuscire a capire come mettere in condizione i team di fare un ottimo lavoro».
Il lavoro di domani
Ma la sfida più impegnativa è forse quella che attende i lavoratori nei prossimi anni, alle prese con nuovi mestieri, nuove modalità e nuove formule di lavoro. Non per caso è stato questo il tema del dibattito di chiusura della giornata, che ha visto salire sul palco di People at work Roberto Degli Esposti, executive business coach di Scoa, Gabriele Fava, founder e chairman dello studio Fava&Associati e componente del Consiglio di presidenza della Corte dei Conti, Gianluca Grondona, group HR, organization and systems director di Salini Impregilo, Simone Mantero, amministratore delegato di Knorr-Bremse Rail Systems Italia e Luigi Paro, amministratore delegato di Spencer Stuart Italia.
«Non sappiamo quale sarà il lavoro del futuro e non sappiamo se i nostri figli staranno meglio di noi», ha subito incalzato i presenti Luca De Biase, giornalista e scrittore, che ha moderato il dibattito. «In un momento in cui tutti i settori produttivi stanno vivendo profonde trasformazioni, le risorse umane devono essere in grado di coniugare tradizione e innovazione, e abbinare il necessario ricambio generazionale con la valorizzazione delle figure con esperienza», ha detto Gianluca Grondona. Lo sforzo, ha aggiunto, è far coesistere tutte le generazioni, utilizzando gli strumenti di upskilling e reskilling. Formare e preparare le risorse continuamente, dunque, potrebbe essere una via di uscita, mantenendo vecchie competenze e formando nuove abilità. Una visione confermata da Simone Mantero: «Oggi produciamo pezzi con le stampanti in 3D, 5 anni fa non sapevamo nemmeno cosa fossero. Ci siamo adattatati. In azienda abbiamo nativi digitali, ma anche “guru” della meccanica che scrivono ancora a mano, e che restano insostituibili. Il punto è far convivere queste due anime», queste le sue parole.
Nuovi contratti per nuovi talenti
Non solo. La rivoluzione che sta investendo il mondo del lavoro tocca anche gli aspetti legati ai contratti di lavoro, come ha evidenziato Gabriele Fava: «La contrattualistica è tutta da inventare: secondo i dati del Politecnico di Milano il 71% dei lavoratori della gig economy è under 30, e l’assunzione non è tra le loro priorità. Non servono leggi ad hoc, ma nuovi contratti che diano garanzie su temi nuovi, come big data, riservatezza, copyright. E non crediamo di parlare di piccoli numeri, perché le prospettive della gig economy sono di crescita esponenziale».
Già, ma quali talenti serviranno domani? Su questo ha detto la sua il “cacciatore di teste” e amministratore delegato di Spencer Stuart Luigi Paro: «Il vero talento si compone di una serie di elementi: esperienze, competenze, soft skill, capacità di integrarsi in un contesto, ma soprattutto intelligenza emotiva. Qualità oggi ancor più necessarie in un contesto in continuo movimento».
Insomma, non esiste una risposta semplice, e forse una possibile soluzione è nelle parole di Roberto Degli Esposti di Scoa: «Oggi non è tanto importante sapere quale lavoro farà un giovane in futuro, perché forse quel lavoro non è ancora stato inventato, oppure sarà lo stesso di oggi, ma fatto chissà come. In assenza di indicazione certe, l’unica cosa da fare è imparare ad imparare».