Disoccupazione giovanile, salari e neet: l’Italia è maglia nera
La fascia di giovani senza lavoro si allarga, pur in presenza di miglioramenti dei tassi di occupazione. E gli under 35 che hanno un impiego sono penalizzati dal punto di vista del salario. Record di ragazzi che non studiano, non si formano e non lavorano: una sfida di welfare, non solo di politiche attive del lavoro
Che l’Italia sia un Paese per vecchi, soprattutto nel mondo del lavoro, è cosa risaputa. Non passa settimana senza la pubblicazione di una qualche ricerca sulla disoccupazione giovanile a ricordarlo. Non tutto è negativo, perché ci sono esperienze innovative di coinvolgimento dei giovani talenti, di imprese che si mettono in gioco in prima persona per tappare i buchi del sistema formativo, ma tutti gli sforzi che si stanno facendo non riescono ancora a incidere sul quadro complessivo: sono pochi i giovani che lavorano e quelli che hanno un impiego non se la passano proprio bene, non solo per l’inesperienza.
Le statistiche
Gli ultimi dati Istat attestano, per il mese di agosto 2018, il tasso di disoccupazione più basso dal 2012 (9,7%), ma questa notizia non vale per la fascia 15-24, il cui tasso di disoccupazione è stabilmente sopra al 30% ed è in lieve aumento. Scrive Istat: “Nonostante la flessione registrata a giugno e luglio, nel trimestre giugno-agosto 2018 si stima comunque una crescita, seppur lieve, degli occupati rispetto al trimestre precedente (+0,2%, pari a +54 mila). L’aumento interessa entrambe le componenti di genere e le persone maggiori di 35 anni, concentrandosi principalmente tra gli ultracinquantenni”.
A settembre 2018 la situazione non è migliorata: “Il tasso di disoccupazione sale al 10,1% (+0,3 punti percentuali su base mensile), quello giovanile aumenta lievemente e si attesta al 31,6% (+0,2 punti)”.
Istat
Il tasso di disoccupazione sale al 10,1% (+0,3 punti percentuali su base mensile),
quello giovanile aumenta lievemente e si attesta al 31,6% (+0,2 punti)
Gli occupati
Avere un lavoro è meglio che essere disoccupati, ma i giovani scontano anche una questione salariale. Il decennio della crisi (2007-2017) ha inciso soprattutto sulla fascia 15/34 anni, che guadagna il 21% in meno rispetto alla media. Il rapporto “+ Salari – Disuguaglianze”, realizzato da Fisac Cgil e Isrf Lab, calcola che nel periodo di crisi un giovane under 35 ha guadagnato oltre 4 mila euro in meno all’anno, rispetto al salario medio. Non solo i giovani sono penalizzati: i lavoratori del sud rispetto a quelli del nord guadagnano il 14% in meno, le donne rispetto agli uomini il 20%, i precari il 23%, gli stranieri Ue il 18% mentre quelli extra Ue il 23%.
I NEET
Poi c’è il lato più preoccupante del fenomeno, quei giovani che non studiano, non lavorano, non fanno formazione: i cosiddetti neet.
Secondo Eurostat, l’Italia è maglia nera in Europa per la quota di giovani tra i 18 e 24 anni che non hanno un lavoro né sono all’interno di un percorso di studi. Il nostro Paese primeggiava nel 2017 nella classifica europea, con una percentuale del 25,7% (era il 26% nel 2016), a fronte di una media europea del 14,3%.
Il tema dei Neet non è solo di politiche del lavoro, è anche un tema di welfare a supporto della fase di passaggio dallo studio al lavoro: ed è in questa dimensione allargata che due ricercatori, Rosangela Lodigiani e Patrik Vesan, hanno affrontato il tema in una pubblicazione all’interno del Terzo Rapporto sul secondo welfare in Italia.