Dimissioni telematiche obbligatorie: cosa cambia con la nuova procedura
A partire dal 12 marzo 2016, è entrata in vigore la nuova procedura telematica per le dimissioni e le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro
A partire dal 12 marzo 2016, è entrata in vigore la nuova procedura telematica per le dimissioni e le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro.
L’articolo 26 del D.lgs. 151/2015 prevede che la nuova procedura telematica: deve essere eseguita obbligatoriamente per rendere efficaci le dimissioni o le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro e sostituisce integralmente la procedura preesistente.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la Circolare n. 12 del 4 marzo 2016, è intervenuto sul tema per cercare di fornire alcuni chiarimenti in merito ai criteri applicativi.
A seguito dell’intervento ministeriale, la nuova procedura si applica a tutti i lavoratori subordinati con le seguenti eccezioni:
➢ lavoratori domestici;
➢ risoluzioni consensuali raggiunte tramite accordi di conciliazione nelle sedi di cui all’art. 2113 comma 4 del codice civile o dinnanzi alle commissioni di certificazione;
➢ i genitori lavoratori nelle ipotesi indicate dall’articolo 55, comma 4 del Decreto Legislativo n.151/2001 che prevedono la convalida presso gli Uffici territoriali competenti (lavoratrici in gravidanza e lavoratrici/lavoratori nei primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all’articolo 54, comma 9, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio).
➢ per i lavoratori del pubblico impiego;
➢ in caso di recesso durante il periodo di prova di cui all’art. 2096 del codice civile;
➢ per i rapporti di lavoro marittimo.
L’intervento ministeriale da un lato, non è riuscito a colmare le lacune della normativa e, dall’altro, ha introdotto alcune criticità idonee a generare dubbi applicativi.
In primo luogo, la Circolare n. 12/2016, ha previsto l’esclusione dell’applicabilità della nuova procedura telematica nelle fattispecie di recesso durante il periodo di prova senza che ciò fosse disciplinato dall’art. 26 del D.lgs. 151/2015.
Posto che, la nuova procedura è stata introdotta al fine di arginare il c.d. fenomeno delle “dimissioni in bianco”, non è chiaro il motivo per cui il Ministero abbia optato per escludere i lavoratori del pubblico impiego dall’osservanza della procedura. Difatti l’art. 26 del D.lgs. n. 151/2015 non prevede alcuna distinzione tra settore privato e settore pubblico mentre la Circolare n. 12/2016 ritiene non applicabile la nuova procedura telematica al pubblico impiego in quanto: “(…) “la pratica delle c.d. dimissioni in bianco non risulta presente nell’ambito dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”.
Risulta altresì anacronistica rispetto alla ratio della riforma, la conferma da parte del Ministero del Lavoro, dell’assoggettamento alla procedura telematica anche in riferimento ai lavoratori che si dimettono per il raggiungimento dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia o anticipata.
Un ulteriore criticità derivante dall’analisi della Circolare n. 12/2016, riguarda le caratteristiche della casella di posta del datore di lavoro a cui viene trasmesso il modulo di comunicazione delle dimissioni del lavoratore o di risoluzione consensuale, una volta compilato telematicamente: non è chiaro, se la terminologia “anche certificata”, impiegata dal Ministero, significhi che l’indirizzo di posta elettronica a cui il datore di lavoro riceverà il modulo possa anche essere non certificata ovvero se sia previsto un duplice invio del modulo: ad un indirizzo di posta non certificato e ad un indirizzo di posta certificata.
Dal punto di vista procedurale, il Decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali del 15 dicembre 2015, ha stabilito che il lavoratore in caso di dimissioni o di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro potrà: eseguire la nuova procedura personalmente o farsi assistere da soggetti abilitati, ossia commissioni di certificazione, patronati, enti bilaterali, sindacati.
Nel primo caso, il lavoratore, qualora non fosse già in possesso del codice identificativo personale PIN dell’INPS, dovrà registrarsi al sito dell’INPS per ottenere il PIN da utilizzare successivamente sul sito www.lavoro.gov.it. . Considerato che il PIN viene spedito al domicilio del lavoratore mediante posta ordinaria, è evidente che il medesimo subisce un ulteriore complicazione che ritarda ulteriormente l’intero processo. Una volta ricevuto il PIN, o qualora ne fosse già in possesso, il lavoratore potrà accedere sul sito web del Ministero del lavoro www.lavoro.gov.it e compilare un modulo suddiviso in 5 sezioni: dati identificativi del lavoratore, dati identificativi del datore di lavoro, dati identificativi del rapporto di lavoro dal quale si intende recedere, dati identificativi della comunicazione con relativa data di decorrenza, codice identificativo del modulo e data di trasmissione. Una volta compilato il modulo, il sistema informatico SMV, invia una comunicazione all’indirizzo di posta elettronica PEC del datore di lavoro ed alla DTL competente.
Nel secondo caso, Il soggetto abilitato potrà accedere direttamente con le proprie credenziali sul sito www.lavoro.gov.it e compilare il modulo garantendo l’identità del lavoratore che procede alla comunicazione. Anche in questo caso, una vota compilato il modulo, il sistema informatico SMV, invia una comunicazione all’indirizzo di posta elettronica PEC del datore di lavoro e alla DTL competente.
Entro sette giorni dalla trasmissione del modulo, il lavoratore, ai sensi dell’art. 26 comma 2 del D.lgs. 151/2015, ha facoltà di revocare in via telematica le dimissioni o la risoluzione consensuale, con le medesime modalità telematiche. In tali caso il sistema informatico SMV consentirà l’accesso alle sole comunicazioni revocabili.
Per quanto concerne il regime sanzionatorio, l’articolo 26 comma 5 del D.lgs. 151/2015 prevede che, salvo il fatto costituisca reato, il datore di lavoro che alteri i moduli ricevuti dal sistema informatico SMV è punito con la sanzione amministrativa da euro 5.000 ad euro 30.000. L’accertamento e l’irrogazione della sanzione sono di competenza delle Direzioni territoriali del lavoro.
LA NUOVA PROCEDURA TELEMATICA (ART. 26 D.LGS. 151/2015)
Il lavoratore comunica le dimissioni/ risoluzione consensuale personalmente
a. richiede il PIN all’INPS b. si registra sul portalewww.cliclavoro.gov.it autenticandosi con il PIN INPS |
Il lavoratore comunica le dimissioni/ risoluzione consensuale tramite l’ausilio dei soggetti abilitati
Il lavoratore si rivolge ai seguenti soggetti abilitati: patronati, organizzazioni sindacali, commissioni di certificazione di cui agli art. 76 e 2, comma 1, lettera h) del D.lgs. n. 276/2003 |
Il lavoratore o il soggetto abilitato compila il modulo di dimissioni / risoluzione consensuale
Rapporto di lavoro ante 2008
Il lavoratore sarà tenuto a compilare le seguenti sezioni del modulo: |
Rapporto di lavoro post 2008
Il lavoratore, inserendo esclusivamente il suo Codice Fiscale, potrà visionare tutti i rapporti di lavoro che risultano attivi e, di conseguenza selezionare il rapporto di lavoro dal quale intende recedere. Il lavoratore dovrà compilare la sezione n. 4 del modulo mentre la sezione n. 5 sarà aggiornata automaticamente dal sistema contestualmente al salvataggio nel sistema informatico SMV. Il lavoratore è tenuto ad aggiornare l’indirizzo e-mail del datore di lavoro. |
Revoca e invio del Modulo
Il lavoratore, entro sette (7) giorni dalla data di trasmissione del modulo telematico, ha il diritto di revocare le proprie dimissioni e/o risoluzione consensuale reperendo l’ apposito modulo di dimissioni e/o risoluzione consensuale, utilizzando il codice identificativo attribuitogli al momento della comunicazione delle dimissionei.
Il modulo debitamente compilato sarà trasmesso, tramite notifica alla Direzione Territoriale del Lavoro e via posta elettronica (anche certificata) al Datore di Lavoro
Per concludere, la nuova procedura introdotta dal D.lgs. n. 151/2015, nonostante l’intervento del Ministero del Lavoro, presenta molteplici criticità idonee ad “appesantire”e complicare inutilmente un momento delicato del rapporto di lavoro
La nuova modalità di comunicazione è cogente per cui non potranno essere considerate efficaci le dimissioni che non la rispettino.
Ciò premesso dall’entrata in vigore della norma, ossia il 12 marzo 2016, sono sorti innumerevoli problemi applicativi che richiedono un tempestivo chiarimento.
Uno degli interrogativi che ha causato maggiori apprensioni, infatti, afferisce il caso in cui, come frequentemente accade per lavoratori adibiti a mansioni operative richiedenti professionalità di grado non elevato, il lavoratore abbandoni il posto di lavoro senza consegnare le proprie dimissioni o si dimostri negligente nel rispettare l’iter telematico, abbastanza complesso e dispendioso, almeno in termini di tempo, di cui si è detto poc’anzi.
La norma tace; tuttavia pare che l’unica via percorribile a quel punto sia quella del licenziamento disciplinare dello stesso soggetto dimissionario, una sorta di paradosso a seguito del quale il datore di lavoro dovrebbe attivarsi per risolvere un rapporto già concluso per volontà del dipendente stesso.
Da sottolineare che in questo caso, nemmeno troppo infrequente, il datore si troverebbe a dover pagare anche il cosiddetto “ticket di licenziamento” il cui importo potrebbe anche arrivare a 1.500 euro per un’anzianità fino a tre anni e il dimissionario potrebbe fruire indebitamente dell’assicurazione sociale per l’impiego.
Precedentemente di contro il lavoratore aveva 7 giorni di tempo per riscontrare la richiesta del datore di lavoro di convalida delle dimissioni, sia presentandosi presso le sedi preposte sia sottoscrivendo l’apposita comunicazione UNILAV; tale sistema dovrà auspicabilmente essere reintrodotto o eventualmente modificato, ma è imprescindibile che venga fornito ai datori di lavoro uno strumento di “costituzione in mora” del dimissionario inadempiente.